Vendere una casa con difformità edilizie è possibile solo in alcuni casi precisi. Le irregolarità possono bloccare la compravendita, ma in determinate situazioni la legge consente di procedere. Ecco cosa sapere, tra sanatorie, rischi e obblighi di venditori e acquirenti.
Quando si parla di immobili non sempre lo stato reale coincide con quanto autorizzato dai titoli edilizi. Le difformità edilizie rappresentano una delle principali cause di problemi nelle compravendite, generando dubbi sia per chi vende che per chi compra. La normativa distingue infatti tra abusi sanabili e irregolarità non sanabili, con conseguenze molto diverse sulla validità dell’atto. A ciò si aggiungono gli obblighi del notaio, i rischi di responsabilità civile e la necessità di aggiornare la planimetria catastale prima del rogito.

Gli esperti del settore edilizio e notarile chiariscono che non esiste una regola unica, ma una serie di casi da valutare con attenzione. Capire come funzionano le sanatorie, quali sono i limiti posti dal D.P.R. 380/2001 e quando è necessaria una demolizione è fondamentale per evitare conseguenze legali ed economiche. Anche per l’acquirente le incognite sono molte: dalla possibilità di accendere un mutuo al rischio di ordinanze di demolizione. In questa analisi vediamo come muoversi correttamente quando emergono difformità urbanistiche.
Cosa significa vendere un immobile con difformità edilizie
Le difformità edilizie comprendono diverse situazioni. Si va dagli abusi totali, come costruzioni senza titolo, alle difformità parziali rispetto al progetto approvato, fino alle tolleranze costruttive introdotte dal Decreto Semplificazioni e dal Decreto Salva Casa. Esistono poi le difformità catastali, che non sempre coincidono con veri abusi edilizi ma richiedono aggiornamenti documentali. Secondo la normativa urbanistica, un immobile con abusi non sanabili non è commerciabile e il relativo atto sarebbe nullo. Il notaio ha il potere di rifiutarsi di stipulare se mancano i requisiti minimi di legge. Diverso il caso delle irregolarità sanabili, che possono essere regolarizzate attraverso strumenti come l’accertamento di conformità (art. 36 D.P.R. 380/2001), la CILA o la SCIA in sanatoria, oppure il permesso di costruire in sanatoria.

In questi casi la vendita è possibile, purché il venditore dichiari apertamente l’esistenza delle difformità e l’atto riporti fedelmente lo stato reale dell’immobile. Un esempio frequente riguarda la chiusura non autorizzata di una veranda, regolarizzabile prima o dopo il rogito con l’impegno dell’acquirente. Se invece l’abuso riguarda opere incompatibili con la normativa urbanistica, come un aumento di volumetria in zona vincolata, la sanatoria non è possibile e l’immobile diventa invendibile salvo demolizione.
Obblighi per il venditore e rischi per l’acquirente
Il venditore ha precisi obblighi: deve fornire all’acquirente tutte le informazioni urbanistiche e catastali, allegare all’atto le dichiarazioni di conformità e segnalare eventuali difformità note. In caso di omissione, il compratore può chiedere la risoluzione del contratto con restituzione del prezzo, la riduzione del corrispettivo o un risarcimento danni entro 10 anni. Per l’acquirente i rischi non sono minori: le banche difficilmente concedono un mutuo su immobili con irregolarità, ed esiste la possibilità di dover sostenere costi imprevisti per la sanatoria. Nei casi più gravi si può ricevere un’ordinanza di demolizione comunale.
Le fonti tecniche, come il Consiglio Nazionale del Notariato e il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, confermano che la commerciabilità di un bene dipende dalla regolarità edilizia e catastale. Per evitare problemi è consigliabile far effettuare una verifica tecnica da un geometra o architetto, valutare la sanabilità delle difformità e inserire clausole chiare nel compromesso e nel rogito. La parola chiave resta la trasparenza: solo dichiarando correttamente lo stato dell’immobile si riducono i rischi per entrambe le parti.