Ospitare qualcuno è certamente un bel gesto e può essere qualcosa di davvero nobile in tanti momenti della vita.
Si può ospitare anche per puro piacere, ma la legge prevede una normativa piuttosto stringente. Se l’ospitalità in casa diventa prolungata, il comodante (che sarebbe il modo che la legge ha di chiamare chi mette a disposizione la casa) può incorrere in alcuni rischi e deve sottostare a taluni obblighi. Innanzitutto, c’è l’obbligo di dichiararlo. Infatti, se l’ospitalità supera i 30 giorni, il comandante è obbligato a comunicarlo all’autorità di pubblica sicurezza entro 48 ore.

Inoltre, c’è il forte rischio che si possa configurare come una residenza abituale. Infatti, l’ospite che rimane a lungo in casa deve cambiare residenza o domicilio e dichiarare anche il titolo di occupazione e questo può vincolare maggiormente il comodante anche per i rapporti con il Comune e per rapporti fiscali.
Trasformazione del rapporto
C’è poi un vero e proprio rischio di trasformazione del rapporto. Difatti, se l’ospitalità viene inquadrata dalla legge come particolarmente duratura, si entra nel requisito della abitualità e si potrebbero innescare diritti più forti da parte dell’ospite.

Il problema più forte è che qualora gli si volesse chiedere di andare via, ci si scontrerebbe contro il fatto che lui ormai ha dei veri e propri diritti sulla casa. L’ospite stabile potrebbe addirittura configurare una situazione paragonabile a quella di una ingerenza abusiva o addirittura violazione di domicilio in caso di rifiuto di lasciare.
Ma ci sono anche dei doveri. Tra i quali c’è l’obbligo di manutenzione. Infatti, il comodante, che ricordiamolo è colui il quale offre la casa, ha l’obbligo di mantenere l’immobile in condizioni idonee all’uso e quindi deve sopportare tutte le spese del caso. Non mancano poi le complicazioni fiscali e le controversie legali se la situazione dovesse essere inquadrata dal fisco o dal padrone di casa come sublocazione o locazione mascherata e qui ci sarebbero oneri e obblighi fiscali.
Quando diventa continuativa?
Ma quando un’ospitalità può considerarsi effettivamente continuativa? Innanzitutto, c’è il criterio della durata: è considerata continuativa o anche definitiva la permanenza che supera i 30 o i 45 giorni. Va anche considerata la natura della permanenza: infatti, un’ospitalità continuativa presuppone una coabitazione stabile e protratta.
Ci sono poi da tenere presente gli effetti anagrafici e fiscali: infatti, l’ospitalità continuativa spesso ha bisogno che l’ospite venga iscritto nello stato di famiglia e questo va a modificare anche le imposte come la TARI, che sono proporzionali sì alla metratura dell’immobile, ma anche al numero di persone che lo occupa stabilmente.
Inoltre, un caso particolare è quello dell’edilizia pubblica e sociale. Infatti, talune norme distinguono tra ospitalità temporanea (che vale massimo 48 mesi, rinnovabili) e ospitalità definitiva con requisiti decisamente più stringenti per quello che riguarda la natura del rapporto.