Un giorno al mare durante un permesso della Legge 104 può sembrare innocuo, ma non sempre è visto di buon occhio dal datore di lavoro. E se quella stessa sera si presta davvero assistenza al genitore disabile? La legge cosa dice? Una recente ordinanza della Cassazione ha fatto luce su un caso che ha suscitato dubbi e paure in molti lavoratori. Non tutto è così semplice come appare e, a volte, la verità emerge proprio quando sembra troppo tardi.
Chi si divide tra lavoro, famiglia e assistenza a un parente in difficoltà sa quanto sia difficile mantenere l’equilibrio. Nei mesi estivi, può capitare di voler respirare un attimo, magari portando i figli al mare.
Ma se quel giorno coincide con un permesso retribuito della Legge 104, si rischia di finire sotto la lente del datore di lavoro. È successo davvero, ed è proprio da qui che nasce il caso che ha portato la Cassazione a intervenire con l’ordinanza n. 23185 del 12 agosto 2025.
Il protagonista della vicenda è un lavoratore che, durante una giornata di permesso, è stato visto in spiaggia. L’azienda lo ha accusato di abuso, sostenendo che non avesse prestato assistenza al familiare disabile. La base delle accuse era una relazione investigativa, mai prodotta ufficialmente in giudizio. In primo grado, il Tribunale aveva dato ragione all’azienda, convalidando il licenziamento.
Ma la storia ha preso una piega diversa in Appello. La Corte ha ritenuto legittimo che l’assistenza fosse avvenuta nelle ore serali, e ha ordinato la reintegrazione del dipendente. Le testimonianze raccolte dimostravano che il lavoratore aveva prestato cure notturne al genitore invalido, compatibili con le sue reali esigenze sanitarie.
Non esiste, infatti, una norma che imponga che l’assistenza debba coincidere con l’orario lavorativo. Secondo la legge, ciò che conta è che l’assistenza sia effettiva, reale e documentabile. Se un familiare necessita di cure durante la notte, non ha senso pretendere una presenza nelle ore del giorno solo per ragioni formali.
Nel ricorso presentato in Cassazione, l’azienda ha contestato la decisione dei giudici d’Appello, sostenendo che il dipendente non avesse rispettato i limiti previsti dalla Legge 104. Ma la Corte ha confermato la reintegrazione, ribadendo un principio fondamentale: è il datore di lavoro a dover dimostrare, in modo chiaro e preciso, l’abuso dei permessi.
Non bastano sospetti o ricostruzioni parziali. Senza prove concrete, un licenziamento rischia di essere illegittimo. Inoltre, la Cassazione ha chiarito che l’assistenza può essere svolta anche in orari non lavorativi. Ciò che conta è la sostanza, non la forma. Il supporto notturno, ad esempio, può essere pienamente compatibile con le finalità della legge.
Il messaggio è chiaro: la Legge 104 non è una gabbia, ma uno strumento di tutela. Tuttavia, va usata con responsabilità. Chi ne beneficia deve poter dimostrare, se necessario, di aver realmente prestato assistenza. Allo stesso tempo, le aziende devono valutare con cautela eventuali contestazioni, evitando decisioni affrettate che possono avere gravi conseguenze legali.
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