Tra poco più di due anni, l’età pensionabile aumenterà gradualmente di un mese nel 2027 e due nel 2028. Ma ci sono specifiche esclusioni per categoria professionale. Ogni volta che si parla di pensioni, qualcosa si muove nella vita reale delle persone. Basta una piccola modifica ai requisiti per scatenare discussioni accese nei luoghi di lavoro, nelle famiglie e persino tra amici al bar. La pensione, dopotutto, non è solo un traguardo economico, ma un punto di arrivo profondamente legato a progetti, sacrifici e speranze personali. L’annuncio di un aumento graduale dell’età pensionabile ha riaperto un dibattito acceso.
Questa volta, però, la novità non colpirà tutti allo stesso modo. Alcune categorie potranno continuare ad andare in pensione con le stesse regole attuali. È qui che la questione si fa davvero interessante, perché dietro cifre e date ci sono percorsi di vita molto diversi.

Le conversazioni sull’età della pensione sono diventate quasi un rito. Ogni nuovo provvedimento viene commentato, analizzato e spesso discusso con un misto di rassegnazione e speranza. Per molti, si tratta di capire quanti mesi o anni mancheranno per raggiungere un obiettivo atteso da tempo. Per altri, è il momento di interrogarsi su come cambierà la propria quotidianità.
Questo cambiamento non arriva all’improvviso. È frutto di compromessi politici e scelte economiche mirate a mantenere l’equilibrio dei conti pubblici. Non tutti i mestieri, però, pesano allo stesso modo sulle spalle di chi li svolge. Ecco perché non ci sarà un trattamento uniforme per tutti.
L’aumento graduale dell’età pensionabile dal 2027 cambia il percorso verso la pensione per milioni di lavoratori
L’età pensionabile rappresenta uno dei nodi centrali della spesa pubblica e, a partire dal 2027, subirà un aumento graduale. Per la maggioranza dei lavoratori ci sarà un mese in più nel 2027 e due mesi nel 2028, per un totale di tre mesi complessivi. Questo incremento non riguarderà solo la pensione di vecchiaia, ma anche altre prestazioni previdenziali legate ai requisiti anagrafici. Parallelamente, i requisiti per la pensione anticipata passeranno a 43 anni e 1 mese di contributi per gli uomini e 42 anni e 1 mese per le donne.

La scelta di una crescita graduale deriva da considerazioni economiche e politiche. Bloccare completamente l’adeguamento all’aspettativa di vita avrebbe richiesto circa 3 miliardi di euro, una cifra ritenuta insostenibile. Per questo si è optato per una via di mezzo: da un lato contenere i costi, dall’altro evitare un salto improvviso.
Tre mesi possono sembrare poca cosa, ma per molti lavoratori, soprattutto quelli impegnati in mestieri faticosi, ogni settimana in più è significativa. Un muratore che lavora da decenni percepisce l’allungamento come un ostacolo concreto, mentre chi svolge mansioni meno pesanti può affrontarlo con maggiore flessibilità.
Le discussioni politiche sono state accese. Alcune forze chiedevano uno stop totale, altre sottolineavano la necessità di mantenere l’adeguamento. La soluzione scelta rappresenta un compromesso tra esigenze diverse. Non è escluso che nei prossimi anni ci siano nuovi interventi, perché il tema pensionistico è in costante evoluzione e segue dinamiche economiche e sociali complesse.
Le categorie escluse dall’aumento dell’età pensionabile continuano ad andare in pensione con le regole attuali
Non tutti i lavoratori saranno interessati dall’aumento dell’età pensionabile. Alcune categorie, impegnate in lavori gravosi o usuranti, continueranno a godere dei requisiti attuali. A definire queste mansioni è la normativa vigente, in particolare il decreto legislativo n. 67 del 2011 per i lavori usuranti e la legge n. 232/2016 per i lavori gravosi.
Rientrano tra i lavori usuranti, ad esempio, i lavoratori notturni e coloro che operano alla catena di montaggio. Nei lavori gravosi rientrano facchini, operai edili, gruisti, infermieri e ostetriche turniste, oltre ad altre categorie introdotte negli anni successivi come i lavoratori agricoli e marittimi.
La logica è chiara: chi svolge mansioni che comportano uno sforzo fisico o mentale elevato deve avere un trattamento differenziato. Queste persone continueranno ad andare in pensione senza subire l’aumento dei tre mesi.
Ci sono però lavoratori che, pur svolgendo mansioni impegnative, non rientrano tra le categorie tutelate. È il caso, ad esempio, dei vigili urbani o dei carpentieri. L’elenco, tuttavia, non è definitivo e può essere aggiornato periodicamente in base a nuovi dati su rischi e usura. Le organizzazioni sindacali stanno già chiedendo un ampliamento delle categorie protette, per includere figure come il personale ATA e i docenti delle scuole secondarie.
Il sistema pensionistico, in questo senso, riflette le differenze tra i mestieri e riconosce che non tutti i percorsi lavorativi hanno lo stesso peso. Per alcuni, l’aumento dei requisiti sarà realtà, per altri resterà solo una notizia. E sarà proprio questa differenza a influenzare i percorsi individuali nei prossimi anni.





