Rumori molesti in condominio, per la Cassazione basta solo la tua testimonianza

Una nuova sentenza della Corte di Cassazione cambia le regole per i condomini: per denunciare un vicino rumoroso non serve più la perizia fonometrica. Ora basta la testimonianza dei vicini e i rilievi degli agenti, rendendo più semplice difendere la propria tranquillità.

La questione dei rumori in condominio è tra le più frequenti cause di lite in Italia. Schiamazzi, musica alta, animali domestici o elettrodomestici usati nelle ore notturne possono trasformarsi in fonte di disagio quotidiano. Fino a oggi molti ritenevano indispensabile una perizia fonometrica per provare il disturbo, con costi e tempi non sempre accessibili. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32043/2025, ha stabilito che non è più obbligatorio ricorrere a una misurazione tecnica, ma che le testimonianze e i riscontri diretti degli agenti sono prove sufficienti per configurare il reato di disturbo della quiete pubblica. Una decisione che alleggerisce il percorso di chi intende difendere il proprio diritto al riposo.

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Rumori molesti in condominio, per la Cassazione basta solo la tua testimonianza – mondoefinanza.it

Secondo fonti giuridiche, questa evoluzione non riguarda solo la convivenza in condominio, ma anche il rapporto con il vicinato più ampio, dato che la legge tutela la collettività. Ciò significa che, anche se si lamenta un solo soggetto, la condotta rumorosa può comunque integrare il reato se idonea a disturbare una pluralità di persone. Un cambiamento che offre nuove certezze a chi subisce rumori molesti e riduce il rischio di vedere il proprio caso archiviato per mancanza di perizia tecnica.

Condominio e rumori molesti: cosa dice la Cassazione

La sentenza n. 32043/2025 della Corte di Cassazione ribadisce un principio importante: per il reato di disturbo della quiete pubblica, previsto dall’art. 659 del codice penale, non serve dimostrare con strumenti tecnici che i rumori superino determinati limiti. È sufficiente che la condotta sia oggettivamente idonea a turbare la vita di più persone. In pratica, non occorre che tutti i condomini presentino denuncia, ma che i rumori abbiano una diffusività tale da poter disturbare una platea indeterminata di soggetti. Nel caso esaminato, un residente era stato condannato per aver prodotto musica ad alto volume e rumori notturni che disturbavano gli abitanti dell’appartamento sottostante.

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Condominio e rumori molesti: cosa dice la Cassazione – mondoefinanza.it

L’imputato aveva fatto ricorso, sostenendo che mancasse una perizia fonometrica, ma la Cassazione ha confermato la condanna, spiegando che le deposizioni dei vicini e i rilievi degli agenti intervenuti erano prove più che sufficienti. Secondo gli Ermellini, il bene giuridico tutelato non è il sonno di una singola persona, bensì la quiete pubblica, che può essere lesa anche se solo un soggetto presenta denuncia.

Come provare i rumori e cosa rischia chi disturba

La giurisprudenza chiarisce che le testimonianze dei vicini, i riscontri della polizia o dei carabinieri e perfino registrazioni ambientali possono bastare a provare l’esistenza di rumori molesti. Non è quindi necessario spendere soldi per una perizia tecnica, anche se in alcuni casi essa può rafforzare le prove. Questo orientamento amplia le possibilità per chi vive in un condominio rumoroso di tutelarsi in tempi rapidi. Le conseguenze per chi viene riconosciuto responsabile possono essere pesanti: l’articolo 659 del codice penale prevede sanzioni che vanno dall’ammenda fino all’arresto in caso di recidiva o di particolare gravità della condotta. In un esempio pratico, un vicino che ascolta musica ad alto volume nelle ore notturne può essere denunciato non solo dal condomino che subisce il disturbo diretto, ma anche da altri residenti che ne percepiscono gli effetti. La Cassazione ha inoltre ricordato che la responsabilità scatta anche quando il fastidio riguarda una sola parte dell’edificio, purché i rumori siano oggettivamente idonei a disturbare una collettività. Per chi vive in condominio, questa sentenza rappresenta un chiarimento decisivo: la tutela della quiete pubblica non richiede più prove tecniche complesse, ma può basarsi su elementi concreti e immediati.

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