Il Bonus POS consente a commercianti e professionisti di recuperare fino al 30% delle commissioni bancarie sui pagamenti elettronici. Un credito d’imposta che riduce i costi fissi, garantisce maggiore tracciabilità e si inserisce nelle politiche fiscali per incentivare l’uso dei pagamenti digitali. Ma non tutti possono beneficiarne, e servono precisi requisiti per accedere all’agevolazione.
Pagare con carta o con strumenti digitali è ormai parte della quotidianità, ma per chi gestisce un’attività commerciale ogni operazione ha un costo che riduce i margini. Per questo il Governo ha introdotto il Bonus POS, un meccanismo fiscale che alleggerisce le spese di chi incassa tramite sistemi elettronici. L’agevolazione, in vigore dal 2020, si rivolge alle partite IVA con ricavi o compensi non superiori a 400.000 € annui, mirando quindi soprattutto a piccole imprese e professionisti.

Secondo i dati del Ministero dell’Economia, nel 2024 il numero di operazioni digitali ha superato un miliardo, a conferma della centralità di questi strumenti. Oltre a sostenere chi lavora a contatto con il pubblico, il Bonus POS è stato pensato anche come strumento di contrasto all’evasione fiscale, poiché la tracciabilità rende più difficile il ricorso al contante e alle operazioni “in nero”. L’incentivo, inoltre, si inserisce in un quadro più ampio che prevede dal 1° gennaio 2026 l’obbligo di collegare il POS al registratore di cassa, rafforzando i controlli automatici e la trasparenza delle transazioni.
Come funziona il Bonus POS e i requisiti richiesti
Il Bonus POS permette di recuperare il 30% delle commissioni bancarie sostenute per i pagamenti digitali con carte di credito, di debito e strumenti elettronici. L’importo maturato può essere utilizzato già dal mese successivo tramite modello F24, inserendo il codice tributo 6916 nella sezione Erario. Gli importi devono essere riportati anche nella dichiarazione dei redditi, all’interno del quadro RU e del rigo RS401 con il codice aiuto 58.

Il bonus è accessibile solo a commercianti e professionisti con ricavi o compensi fino a 400.000 € l’anno, una soglia che esclude le grandi realtà imprenditoriali. Per comprendere meglio, un negoziante che sostiene 1.200 € di commissioni annue potrà recuperare 360 €, mentre un professionista con 500 € di spese avrà diritto a un credito d’imposta di 150 €. Se i ricavi superano la soglia prevista, l’agevolazione non spetta.
Adempimenti, limiti e casi pratici
Le aziende che gestiscono i servizi POS hanno l’obbligo di comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati delle transazioni entro il 20 del mese successivo. Le informazioni comprendono il codice fiscale dell’esercente, il numero totale delle operazioni e l’ammontare dei costi fissi. Questo consente all’esercente di conoscere con precisione la base su cui calcolare il credito fiscale. È importante sottolineare che il Bonus POS rientra nel regime “de minimis” previsto dall’Unione Europea, che dal 2024 consente fino a 300.000 € di aiuti in tre anni.
Ciò significa che l’agevolazione, pur essendo un aiuto di Stato, non altera la concorrenza di mercato. Un caso concreto aiuta a capire: se un bar paga 100 € di commissioni in un mese, potrà recuperare 30 € come credito fiscale, utilizzabile subito nella compensazione di altre imposte. Per un’attività con margini ridotti, questo beneficio rappresenta un incentivo significativo a continuare a utilizzare strumenti di pagamento elettronico, con vantaggi sia per la gestione interna sia per la trasparenza fiscale.