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Economia e Finanza

I 5 casi in cui le pensioni non possono essere toccate dai creditori secondo la legge e la Cassazione

Le regole sul pignoramento delle pensioni non sono uguali per tutti i trattamenti. Alcune prestazioni previdenziali possono essere aggredite dai creditori entro precisi limiti, mentre altre restano completamente intoccabili. La legge e la Cassazione hanno chiarito i confini, distinguendo tra pensioni previdenziali e assistenziali, con soglie di impignorabilitĂ  legate al minimo vitale.

Il tema delle pensioni impignorabili riguarda migliaia di pensionati italiani e ha trovato chiarimenti in diverse pronunce della Cassazione. Le norme distinguono tra prestazioni di tipo previdenziale, come la pensione di vecchiaia, la reversibilità o la pensione di inabilità, e prestazioni di tipo assistenziale, come la pensione di invalidità civile e l’indennità di accompagnamento. Mentre le prime possono essere pignorate con percentuali definite dalla legge, le seconde sono escluse in quanto destinate a garantire il sostegno vitale a chi versa in condizioni di fragilità.

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Al centro vi è la nozione di minimo vitale, calcolato in base all’assegno sociale INPS rivalutato ogni anno. Per il 2024, con un assegno sociale pari a 534,41 €, il minimo impignorabile corrisponde a 1.068,82 €. Questo significa che il creditore potrà rivalersi solo sulla quota eccedente, entro i limiti fissati dalla normativa. Anche l’accredito della pensione su conto corrente segue regole particolari: le somme già depositate prima del pignoramento restano libere fino a tre volte l’assegno sociale (1.603,23 € nel 2024), mentre i successivi accrediti sono soggetti agli stessi limiti della trattenuta alla fonte.

Pensioni previdenziali e limiti al pignoramento

Le pensioni di vecchiaia, di reversibilità e di inabilità possono essere pignorate, ma sempre nel rispetto delle percentuali previste. In linea generale, il tetto massimo è pari a 1/5 della parte che eccede il minimo vitale. Quando il creditore è l’Agente della riscossione, le soglie cambiano: fino a 2.500 € si applica 1/10, tra 2.500 € e 5.000 € il limite è di 1/7, mentre oltre i 5.000 € torna il 1/5.

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Un esempio pratico chiarisce meglio: su una pensione netta di 1.400 €, sottratti 1.068,82 € di minimo vitale, resta una parte residua di 331,18 €. Su questo importo si calcola il pignoramento, pari al massimo a 66 € mensili. Come evidenziano fonti come Il Sole 24 Ore e Laleggepertutti, la logica del sistema è assicurare sempre al pensionato una somma sufficiente per vivere, tutelando la dignità personale senza azzerare i diritti del creditore.

Pensioni assistenziali e somme accreditate su conto

Le prestazioni di natura assistenziale, come la pensione di invalidità civile e l’indennità di accompagnamento, non possono mai essere pignorate. Si tratta di sussidi che hanno la finalità di garantire il sostegno economico minimo a chi non è autosufficiente e che, proprio per questo, il codice di procedura civile considera totalmente impignorabili. Anche la giurisprudenza della Cassazione ha ribadito che tali somme non possono essere intaccate in alcun modo dai creditori.

Un capitolo specifico riguarda il caso in cui la pensione sia accreditata su conto bancario o postale. Le somme già presenti sul conto prima del pignoramento restano impignorabili fino al limite di tre volte l’assegno sociale, cioè 1.603,23 € nel 2024. Per gli accrediti successivi, invece, valgono le regole ordinarie: intoccabile la quota corrispondente al minimo vitale, pignorabile la parte eccedente nei limiti di 1/5, 1/7 o 1/10 a seconda della natura del creditore. Fonti come Repubblica e Il Sole 24 Ore hanno sottolineato che queste tutele nascono per bilanciare le esigenze dei creditori con la salvaguardia della vita dignitosa dei pensionati.

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