Ereditare una casa con un abuso edilizio non è una situazione rara e può generare dubbi e timori tra gli eredi. La legge, infatti, distingue nettamente tra responsabilità penale, che resta personale, e responsabilità amministrativa, che può invece ricadere su chi eredita l’immobile. Gli eredi possono tuttavia avviare la sanatoria edilizia per regolarizzare la costruzione e rendere l’immobile commerciabile. Secondo le interpretazioni fornite da Il Sole 24 Ore e Altalex, ciò è possibile solo rispettando le condizioni previste dal d.P.R. 380/2001.
L’abuso edilizio ereditato è una delle questioni più delicate del diritto urbanistico. Quando un immobile presenta irregolarità, come modifiche non autorizzate o la totale assenza di permesso di costruire, gli eredi si trovano nella posizione di dover decidere se procedere con una richiesta di sanatoria. La giurisprudenza italiana ha chiarito che la morte del responsabile non estingue la responsabilità amministrativa, e quindi il Comune può intimare agli eredi di regolarizzare o demolire l’opera abusiva.
Fonti come Italia Oggi ricordano che, ai fini della commerciabilità del bene, nessuna vendita o divisione ereditaria può essere stipulata se l’immobile non è conforme alle norme edilizie. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25021/2019, ha dichiarato nulla la divisione ereditaria di un immobile abusivo, sancendo che la legittimità urbanistica è condizione essenziale per ogni atto di trasferimento.
Il procedimento per ottenere la sanatoria edilizia di un immobile ereditato segue le stesse regole di un normale condono amministrativo. La domanda deve essere presentata dall’attuale proprietario all’ufficio tecnico del Comune entro 90 giorni dall’accertamento dell’irregolarità, anche se la giurisprudenza ammette un’estensione fino all’irrogazione della sanzione. Il principio chiave per ottenere il permesso di costruire in sanatoria è quello della doppia conformità: l’intervento deve risultare conforme sia alle norme urbanistiche vigenti al momento della sua realizzazione, sia a quelle attuali. Se questa condizione è rispettata, l’ufficio comunale può rilasciare l’autorizzazione previo pagamento di un’oblazione pari al doppio del contributo di costruzione.
Secondo Il Messaggero, la doppia conformità è una garanzia di legalità, poiché evita che interventi abusivi diventino legittimi solo in base a successive modifiche del piano regolatore. Se invece l’opera non risulta conforme, la sanatoria viene negata e l’immobile resta soggetto a sanzioni o demolizione. Il Comune ha 60 giorni di tempo per pronunciarsi; in mancanza di risposta, la richiesta si intende respinta. È dunque fondamentale predisporre la documentazione corretta, affidandosi a un tecnico abilitato che certifichi la conformità urbanistica e strutturale dell’immobile.
Non tutti gli abusi edilizi ereditati richiedono la doppia conformità. Per le cosiddette difformità minori (art. 36-bis del d.P.R. 380/2001), come spostamenti interni, piccole variazioni di sagoma o difformità dimensionali, è possibile ottenere la SCIA in sanatoria o un permesso di costruire in sanatoria senza la necessità della doppia conformità. In questo caso, è sufficiente che l’intervento sia conforme alla disciplina edilizia al momento della realizzazione e a quella urbanistica al momento della domanda. Anche in tali ipotesi, il rilascio del titolo è subordinato al pagamento di un’oblazione doppia rispetto al contributo ordinario.
Fonti come Il Sole 24 Ore sottolineano che, pur non essendo penalmente responsabili, gli eredi restano titolari dell’obbligo amministrativo di regolarizzare o demolire l’opera. L’inerzia può infatti impedire qualsiasi operazione di vendita, divisione o donazione. Un aspetto pratico di rilievo riguarda il valore commerciale dell’immobile: un edificio non sanato non può essere oggetto di mutuo ipotecario o garanzia bancaria. Per questo, l’avvio tempestivo della sanatoria è considerato un passo essenziale per evitare conseguenze economiche e legali a lungo termine. Come chiariscono gli esperti di Altalex, la sanatoria non è solo una regolarizzazione formale, ma uno strumento di tutela patrimoniale, indispensabile per restituire piena commerciabilità e sicurezza giuridica al bene ereditato.
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