Dal 2026 le pensioni di reversibilità aumenteranno grazie alla rivalutazione prevista dell’1,7%, quasi il doppio rispetto al +0,8% applicato nel 2025. L’aggiornamento, legato all’andamento dell’inflazione rilevata dall’Istat e confermata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, porterà piccoli ma significativi incrementi mensili, soprattutto per i redditi più bassi. Secondo Il Sole 24 Ore, gli aumenti potranno arrivare fino a 15 € per assegni di 1.500 € lordi, con un impatto più visibile per coniugi e figli beneficiari.
Il nuovo meccanismo di adeguamento interesserà tutte le pensioni dirette e indirette, ma per le pensioni di reversibilità gli effetti varieranno in base alla quota spettante e alla fascia di reddito. L’obiettivo è compensare la perdita di potere d’acquisto causata dall’aumento del costo della vita, garantendo una tutela maggiore ai nuclei familiari più deboli. Gli importi saranno aggiornati automaticamente a partire da gennaio 2026 e si applicheranno sia ai pensionati attuali sia a chi maturerà il diritto nel corso dell’anno.
Secondo le prime simulazioni de Il Messaggero, la rivalutazione avrà un impatto progressivo: l’incremento pieno dell’1,7% varrà fino a quattro volte il trattamento minimo, per poi ridursi gradualmente al 90% e al 75% oltre le soglie stabilite. In questo modo, l’aumento sarà proporzionato e calibrato in base all’importo dell’assegno e alla composizione familiare.
Ogni anno, le pensioni vengono adeguate all’inflazione tramite un meccanismo di rivalutazione automatica. Per il 2026, il Ministero dell’Economia e l’Istat stimano un tasso dell’1,7%, che segna un miglioramento rispetto al biennio precedente, caratterizzato da incrementi più contenuti.
Nel caso delle pensioni di reversibilità, la percentuale di aumento si applica alla quota spettante ai familiari del titolare deceduto. Al coniuge superstite spetta il 60% della pensione originaria, mentre ai figli il 20% ciascuno.
Esempio pratico: per una pensione di 1.500 € lordi, la rivalutazione dell’1,7% comporterà un incremento di 25,5 €. Il coniuge riceverà quindi 915,3 € al posto di 900 €, mentre il figlio passerà da 300 € a 305,1 €. Secondo Il Sole 24 Ore, questi adeguamenti, pur modesti, rappresentano un sostegno concreto alle famiglie monoreddito, soprattutto in un periodo in cui il potere d’acquisto resta compresso.
Le simulazioni elaborate da Inps e riprese da Italia Oggi mostrano che l’aumento inciderà anche sulle pensioni di importo medio. Un assegno di 2.500 € lordi sarà rivalutato in due fasce: fino a quattro volte il minimo (circa 2.454,80 €) con l’aumento pieno dell’1,7%, pari a 41,73 €, e la parte restante (45,20 €) con incremento ridotto allo 0,69 €. Nel complesso, l’incremento totale sarà di 42,4 € mensili lordi. Per la pensione di reversibilità corrispondente, al coniuge spetterà il 60% (da 1.500 a 1.525,45 €), mentre per il figlio la quota del 20% salirà da 500 a 508,97 €.
Fonti come Il Messaggero evidenziano che la rivalutazione 2026, pur non comportando aumenti straordinari, avrà un effetto più marcato rispetto agli ultimi anni, contribuendo a ridurre l’erosione del potere d’acquisto. Gli esperti di Progetica, società specializzata in consulenza previdenziale, sottolineano che il meccanismo di adeguamento “resta un pilastro di tutela sociale”, poiché preserva il valore reale delle prestazioni nel tempo. Anche con tassi di inflazione più bassi, la rivalutazione progressiva rappresenta un presidio essenziale per le famiglie con pensioni di reversibilità, in particolare per i redditi fino a cinque volte il minimo.
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