La mini-Irpef al 10% entra nel pacchetto della Manovra 2026 come strumento per favorire i rinnovi contrattuali e sostenere gli aumenti salariali. La misura, annunciata dal Governo, punta a stimolare il potere d’acquisto dei lavoratori, alleggerendo la pressione fiscale sui redditi medi e incentivando la contrattazione collettiva.
Nel contesto di una Legge di Bilancio da circa 16 miliardi €, il Governo Meloni intende concentrare le risorse sul fronte del lavoro e del fisco. Al centro della discussione politica e tecnica si colloca la nuova mini-Irpef al 10%, applicata agli aumenti contrattuali derivanti da rinnovi o nuovi accordi collettivi. L’obiettivo dichiarato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) è duplice: favorire il dialogo tra parti sociali e sostenere la crescita dei salari reali, compressi negli ultimi anni dall’inflazione e dal costo della vita. La misura si accompagna ad altre agevolazioni già previste, come la detassazione di straordinari e tredicesime, il taglio del cuneo fiscale e la proroga di Quota 103, Opzione donna e Ape sociale.

Secondo le anticipazioni riportate da Il Sole 24 Ore, l’impatto complessivo dell’intervento dipenderà dalle risorse effettivamente disponibili, che saranno definite dopo la trasmissione del Documento programmatico di bilancio a Bruxelles entro il 15 ottobre. Il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha confermato che una parte delle coperture deriverà dal contributo del settore bancario, sottolineando la volontà di mantenere un approccio “collaborativo e non punitivo” nei confronti del comparto.
Mini-Irpef al 10% e rinnovi contrattuali: come funziona la misura
La mini-Irpef al 10% si applicherà sugli incrementi retributivi previsti dai nuovi contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) o dai loro rinnovi, riducendo il peso fiscale sugli aumenti di stipendio. L’obiettivo è incentivare la chiusura dei tavoli contrattuali ancora aperti, che coinvolgono oltre 7 milioni di lavoratori nel settore privato.
Il Ministero del Lavoro sta valutando l’estensione della tassazione agevolata anche agli straordinari, ai turni notturni e ai festivi, oltre all’aumento delle soglie per i premi di risultato e i fringe benefit. Questi ultimi passerebbero da 3.000 € a 4.000 € per i premi, e da 1.000 € a 2.000 € per i benefit, con un’ulteriore maggiorazione per i lavoratori con figli a carico.

Un’altra novità in discussione riguarda un meccanismo di adeguamento automatico dei salari all’indice IPCA (inflazione armonizzata), attivabile se il contratto non viene rinnovato entro due anni dalla scadenza. In questo modo, il Governo mira a ridurre l’erosione del potere d’acquisto senza generare pressioni eccessive sulla spesa pubblica. Tuttavia, i tecnici del MEF avvertono che la misura dovrà essere calibrata attentamente per evitare squilibri nei conti dello Stato.
Coperture, effetti fiscali e impatto sui lavoratori
Secondo le stime elaborate dalla Ragioneria Generale dello Stato, il pacchetto fiscale complessivo — tra mini-Irpef, taglio del cuneo e incentivi all’occupazione — vale circa 16 miliardi €. Di questi, circa 2 miliardi sarebbero destinati alla mini-Irpef al 10%.
Il beneficio medio per i lavoratori dipendenti varierà in base all’aumento contrattuale e al reddito. Per esempio, un incremento retributivo di 2.000 € annui potrebbe generare un risparmio fiscale di circa 200 € netti rispetto al regime ordinario, secondo le simulazioni riportate dal Centro Studi Confindustria.
Parallelamente, la Manovra include la riduzione della seconda aliquota Irpef dal 35% al 33% per i redditi tra 28.000 € e 50.000 €, misura che favorirebbe il ceto medio. I risparmi stimati oscillano tra 40 € e 440 € annui, a seconda del reddito imponibile.
Resta aperto il confronto sulla nuova Rottamazione quinquies, che dovrebbe consentire la rateizzazione dei debiti fiscali fino a 96 rate (8 anni), o in alternativa 108 rate (9 anni). Il MEF valuta un sistema “selettivo”, riservato ai contribuenti che dimostrano una reale difficoltà economica.
In definitiva, la mini-Irpef al 10% rappresenta uno dei pilastri su cui il Governo punta per dare impulso ai salari e sostenere la contrattazione collettiva in un quadro di risorse limitate e priorità fiscali in equilibrio tra consenso politico e sostenibilità di bilancio.