Dimostrare che un testamento è frutto di un inganno richiede prove concrete e un’attenta ricostruzione delle circostanze in cui il documento è stato redatto. Il nostro ordinamento tutela la libertà del testatore, ma prevede la possibilità di impugnare l’atto se si dimostra che la volontà è stata viziata da errore, violenza o dolo. I casi più complessi riguardano proprio il dolo, ossia l’inganno organizzato da terzi per orientare le scelte del testatore a proprio vantaggio.
Il tema del testamento frutto di inganno è particolarmente delicato perché coinvolge il principio della libera autodeterminazione, protetto dagli articoli 587 e seguenti del Codice Civile. La Cassazione ha chiarito più volte che non basta sospettare un’influenza o una manipolazione: serve dimostrare che il testatore sia stato indotto a esprimere una volontà diversa da quella che avrebbe realmente avuto.

In questi casi, il testamento può essere dichiarato nullo o annullabile se viene accertato che la disposizione è stata frutto di raggiro o suggestione ingannevole. L’onere della prova grava su chi contesta l’atto, e deve essere assolto con elementi oggettivi, testimonianze e, se necessario, consulenze tecniche che attestino lo stato psicologico o fisico del testatore al momento della redazione.
Cos’è l’inganno nel testamento e come si dimostra
Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, l’inganno nel testamento (o dolo testamentario) si verifica quando un soggetto, con artifici o menzogne, altera la percezione della realtà del testatore, inducendolo a disporre dei propri beni in modo diverso da quanto avrebbe voluto. Il dolo può essere diretto o indiretto: nel primo caso, l’inganno mira esplicitamente a ottenere un vantaggio patrimoniale; nel secondo, è l’effetto collaterale di una condotta fraudolenta.
Perché il testamento sia annullabile, è necessario che l’inganno sia stato la causa determinante della volontà testamentaria. A stabilirlo è l’articolo 624 del Codice Civile, che consente di impugnare il testamento per dolo, violenza o errore, ma solo se tali vizi hanno influito in modo decisivo sulla volontà del testatore. La prova può essere fornita attraverso documenti, testimonianze di persone vicine al de cuius o valutazioni mediche che dimostrino la sua vulnerabilità o incapacità di discernimento.

Un esempio tipico è quello in cui una persona, approfittando della fragilità del testatore, lo convince con menzogne a escludere alcuni eredi o a favorirne altri. Tuttavia, l’influenza psicologica o l’affetto non sono sufficienti a configurare il dolo: occorre un vero e proprio raggiro intenzionale. In tal senso, la sentenza n. 5093/2021 della Cassazione ha ribadito che “il dolo non si presume e deve essere provato in modo rigoroso”, escludendo che semplici condizionamenti emotivi possano invalidare il testamento.
Gli strumenti giuridici per impugnare un testamento viziato
Chi ritiene che un testamento sia frutto di inganno può ricorrere al giudice per chiederne l’annullamento. L’azione deve essere proposta entro cinque anni dalla pubblicazione del testamento (articolo 624 c.c.) e può essere esercitata solo dagli eredi o legatari che ne subiscono un pregiudizio. Il tribunale, valutando le prove, può dichiarare nullo l’atto e ripristinare la corretta ripartizione ereditaria. Le prove più decisive in questi casi sono spesso di natura indiretta: relazioni di consulenti tecnici, testimonianze di chi ha assistito alla redazione del documento o elementi che dimostrano la presenza di pressioni indebite. In alcuni casi, il giudice può anche disporre una perizia medico-legale retrospettiva per accertare lo stato cognitivo del testatore al momento della firma.
Il dolo testamentario si distingue nettamente dall’errore (quando il testatore è stato indotto in buona fede a una convinzione errata) e dalla violenza (quando è stato costretto fisicamente o psicologicamente). Tuttavia, in tutti e tre i casi la volontà testamentaria non è libera e quindi non può produrre effetti giuridici validi.
Recenti pronunce del Tribunale di Milano e della Cassazione, la tutela contro l’abuso e la manipolazione è fondamentale per garantire che l’eredità rispecchi davvero la volontà autentica del testatore. In un contesto in cui le liti ereditarie sono sempre più frequenti, la corretta documentazione e la trasparenza nella redazione del testamento restano le migliori armi per prevenire future contestazioni e proteggere la volontà del defunto.