Il metallo giallo vola sopra i 4.000 $ l’oncia, registrando un record storico sul contratto spot e i future. Scopri i motori segreti di questa impennata, dal calo del dollaro USA alla de-dollarizzazione, e come il bene rifugio più antico del mondo si adatta ai nuovi scenari di incertezza globale.
L’oro ha infranto una soglia psicologica senza precedenti, superando i 4.000 $ l’oncia, un evento che segna un nuovo record storico per il metallo prezioso. I future con consegna a dicembre a New York hanno toccato questo valore la sera di lunedì 7 ottobre, estendendo un rally rialzista iniziato a settembre. Il prezzo dell’oro spot è cresciuto di oltre il 50% dall’inizio dell’anno, confermandosi come uno degli asset principali con le migliori performance a livello globale. Dietro questa impennata si nasconde una combinazione di fattori complessi.

L’indebolimento del dollaro statunitense e una crescente incertezza fiscale hanno aumentato in modo significativo l’attrattiva dell’oro come bene rifugio tradizionale. A ciò si aggiunge la chiusura parziale del governo statunitense e i ritardi nella pubblicazione di dati economici cruciali, che hanno lasciato i mercati privi di chiare indicazioni sulle prospettive economiche future. Ma è solo l’instabilità a spingere l’oro? È necessario analizzare quali strategie stanno adottando i grandi attori e quali strumenti hanno a disposizione gli investitori per approfittare o proteggersi da questa corsa all’oro.
I catalizzatori del rally e il ruolo delle Banche Centrali
Il motore principale di questo rally dell’oro risiede, in gran parte, negli acquisti massicci operati dalle banche centrali di tutto mondo per aumentare le proprie riserve. Questo fenomeno è strettamente legato all’accelerazione della de-dollarizzazione, un processo che vede la progressiva riduzione delle riserve in dollari USA, in particolare tra i Paesi emergenti. Tuttavia, come ha spiegato Nicky Shiels, analista della società di trading e raffineria di metalli preziosi MKS Pamp in un’intervista al Financial Times, il vero “motore che ha cambiato le carte in tavola” sono stati gli afflussi negli ETF (Exchange Traded Fund).

A questo si aggiunge un fenomeno psicologico descritto da Luca Paolini, chief strategist di Pictet Asset Management, come una “Fomo placcata d’oro” (Fear of Missing Out), ovvero la paura di rimanere esclusi da un rally di tali proporzioni. Nel lungo periodo, l’oro ha dimostrato di essere un investimento stabile e aumenta il suo fascino nei periodi di grande incertezza economica. La sua peculiarità risiede nella sua correlazione bassa o negativa con le asset class più diffuse, come le azioni e le obbligazioni, il che lo rende un potente strumento per migliorare il profilo rischio-rendimento di un intero portafoglio.
Come investire nel bene rifugio e i suoi limiti
L’oro non è un asset che genera reddito passivo. A differenza delle azioni che distribuiscono dividendi e delle obbligazioni che fruttano un tasso di interesse, l’oro non produce redditi. Secondo la Banca d’Italia, un investimento in oro è tale solo se l’acquirente si prefigge l’obiettivo di rivenderlo in futuro a un prezzo più alto. È cruciale ricordare, come avverte la Banca d’Italia, che non sempre il prezzo dell’oro sale in caso di crisi o in periodi di elevata inflazione. Al contrario, può diminuire, anche per lunghi periodi, al pari, o persino di più, di altre attività finanziarie, impiegando anni per recuperare il livello di prezzo perduto.
Per chi decide di investire in oro, esistono diverse opzioni. La più tradizionale è l’oro fisico, ovvero l’acquisto diretto di lingotti o monete d’oro. La via più moderna e diffusa è tramite gli ETF (Exchange Traded Fund) che replicano il prezzo dell’oro con un rapporto di quasi uno a uno, offrendo il vantaggio di investire nell’oro fisico senza sostenerne i costi di trasporto, assicurazione





