La possibilità di lasciare il lavoro a 58 anni in Italia è una realtà, ma è riservata a platee specifiche e si articola su due binari molto diversi: la flessibilità selettiva di Opzione Donna e lo scivolo aziendale dell’Isopensione. Entrambe offrono un anticipo rispetto all’età ordinaria di 67 anni, ma l’impatto sull’assegno finale e la platea dei beneficiari cambiano radicalmente. Qual è lo strumento giusto per le lavoratrici che si avvicinano alla pensione?
Il panorama previdenziale italiano offre diverse strade per l’uscita anticipata dal mondo del lavoro, ma la soglia dei 58 anni è diventata un punto cruciale di analisi, soprattutto per le lavoratrici dipendenti. Non si tratta di una misura universale, bensì di un accesso condizionato che richiede un’attenta valutazione dei requisiti e delle conseguenze economiche. Le due principali alternative che permettono di considerare un’uscita in prossimità dei 58 anni sono l’Isopensione, una misura legata alla gestione aziendale, e Opzione Donna, uno strumento più selettivo e con forti penalizzazioni sul calcolo dell’assegno.
La scelta tra i due percorsi non è solo anagrafica o contributiva, ma implica una profonda comprensione dei sacrifici e dei benefici che ognuno comporta. L’analisi si concentra sui meccanismi attuali e sulle proiezioni dei requisiti per il 2025, delineando un quadro complesso dove la pianificazione previdenziale diventa essenziale per evitare sorprese economiche in età avanzata.
Opzione Donna è un regime sperimentale che consente alle lavoratrici di anticipare l’accesso alla pensione a condizione che il calcolo dell’assegno avvenga interamente con il sistema contributivo, convertendo questo il costo principale della misura con una significativa riduzione dell’assegno finale. Per accedere a Opzione Donna nel 2025, i requisiti devono essere maturati entro il 31 dicembre 2024. L’età anagrafica richiesta è fissata a 61 anni, accompagnata da un’anzianità contributiva di almeno 35 anni. Tuttavia, come specificato nella documentazione INPS, la soglia dei 58 anni può essere raggiunta solo da una platea ristretta: si abbassa a 59 anni per le donne con due o più figli o per le lavoratrici che rientrano in categorie tutelate (come le caregiver o le invalide civili con invalidità pari o superiore al 74%, come riportato anche da FISCOeTASSE.com).
Per le lavoratrici licenziate o dipendenti di aziende in crisi, l’età richiesta è fissata a 59 anni a prescindere dal numero di figli. A questi requisiti si aggiunge la cosiddetta “finestra mobile” di 12 mesi per le dipendenti e 18 mesi per le autonome, prima che la pensione venga erogata. Le stime, un tempo molto ampie, hanno ceduto il passo a un accesso sempre più selettivo.
L’Isopensione, nota anche come assegno di esodo, rappresenta un percorso completamente diverso, finalizzato all’uscita anticipata dal mondo del lavoro su iniziativa del datore di lavoro. Questa misura, prevista dalla Legge Fornero e prorogata fino al 2026, si rivolge esclusivamente ai lavoratori dipendenti di aziende private con più di 15 dipendenti e consente di lasciare il lavoro fino a un massimo di sette anni prima della maturazione dei requisiti pensionistici ordinari. Il vantaggio cruciale dell’Isopensione è di natura economica: l’azienda si impegna a versare al lavoratore un assegno mensile pari alla pensione maturata al momento dell’uscita e, cosa fondamentale, si fa carico della contribuzione correlata per coprire il periodo mancante. Come evidenziato dall’analisi di Laborability, questo versamento di contributi figurativi da parte dell’azienda permette al lavoratore di non subire la penalizzazione derivante dall’assenza di versamenti, garantendo l’importo pensionistico pieno una volta raggiunta l’età di quiescenza.
La misura è subordinata alla sottoscrizione di un accordo quadro tra l’azienda e le organizzazioni sindacali. Nonostante l’assegno non sia reversibile ai superstiti e non si rivaluti, il lavoratore è libero di svolgere altre attività lavorative senza subire decurtazioni sull’assegno. La scelta tra Isopensione e Opzione Donna si traduce quindi in una valutazione tra l’accettare una penalizzazione permanente sull’assegno (Opzione Donna) o sfruttare un’opportunità di esodo aziendale che preserva l’importo pensionistico futuro (Isopensione).
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