Milioni di persone vivevano questa condizione in silenzio, spesso trattata con leggerezza o con colpevolizzazioni. Ora cambia tutto: un riconoscimento ufficiale arriva a rompere il silenzio su una realtà troppo a lungo ignorata. Una legge, approvata definitivamente in Senato, mette nero su bianco che l’obesità è una malattia cronica. Ma non si tratta solo di un’etichetta medica: dietro ci sono diritti, percorsi, cure garantite e fondi pubblici. Ecco perché da oggi chi convive con l’obesità non è più solo.
In molti casi, convivere con l’obesità ha significato affrontare un percorso solitario, costellato da tentativi di dieta falliti, costi per visite private e un senso costante di giudizio. Per anni è stata vista come una questione di forza di volontà, anziché come una condizione clinica da trattare.
Ma oggi lo Stato cambia approccio. Con l’inserimento dell’obesità tra le malattie riconosciute per legge, prende forma un nuovo modello di presa in carico. Non si parla più solo di chili da perdere, ma di un insieme di cure coordinate e sostenute dal Servizio Sanitario Nazionale. Questo cambiamento non riguarda solo la medicina, ma tocca cultura, giustizia sociale e diritti fondamentali.
La svolta arriva con l’inserimento dell’obesità tra le malattie croniche riconosciute per legge. Questo significa che chi riceve una diagnosi di obesità clinicamente rilevante avrà accesso a cure gratuite e strutturate. Il tutto sarà inserito nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), obbligando le strutture sanitarie pubbliche a offrire prestazioni prima considerate marginali o a pagamento.
I beneficiari saranno adulti e minori con BMI clinicamente significativo, ma anche persone con patologie correlate come diabete, ipertensione o disturbi cardiovascolari. Il percorso sarà multidisciplinare: visite con endocrinologi, nutrizionisti, supporto psicologico, programmi di attività fisica personalizzata e, nei casi previsti, anche accesso alla chirurgia bariatrica. Un cambiamento che segna la fine del “fai da te” e l’inizio di un’assistenza continua e strutturata.
Le modalità esatte di accesso verranno definite da decreti attuativi e linee guida ministeriali, in modo da garantire criteri uniformi a livello nazionale ed evitare disparità territoriali. La presa in carico non sarà più lasciata alla buona volontà del singolo medico o alla disponibilità di strutture private, ma diventerà un diritto esigibile per tutti coloro che rientrano nei parametri clinici definiti.
Oltre al riconoscimento normativo, arriva anche una prima base economica concreta. La legge istituisce un Programma nazionale per la prevenzione e la cura dell’obesità, con fondi pubblici destinati a finanziare strutture, personale e progetti territoriali. Nel dettaglio, lo stanziamento sarà di 700.000 euro nel 2025, 800.000 nel 2026 e 1,2 milioni annui dal 2027 in poi. Le Regioni dovranno presentare piani per accedere a queste risorse e realizzare reti di presa in carico realmente operative.
Tra gli obiettivi principali, si punta a formare medici e operatori sanitari, promuovere campagne di prevenzione, sostenere l’educazione alimentare nelle scuole e avviare programmi di promozione dell’attività fisica. Saranno attivati centri territoriali specializzati per evitare lunghe liste d’attesa e garantire percorsi continui. Inoltre, sarà creato un Osservatorio nazionale sull’obesità con il compito di monitorare i risultati, raccogliere dati e suggerire eventuali correttivi.
La legge rappresenta anche un segnale culturale forte: riconoscere l’obesità come malattia e non come colpa personale significa togliere lo stigma e restituire dignità a chi, fino a ieri, era lasciato solo. Ora che il cambiamento è iniziato, sarà fondamentale vigilare sull’effettiva attuazione dei percorsi e sulla loro qualità. Perché una legge è solo l’inizio: ciò che conta davvero è renderla realtà in ogni ambulatorio, in ogni città, per ogni persona.
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