La via migliore per aumentare la pensione è l’eliminazione dei contributi nocivi: come riconoscerli e cosa dice la normativa

Prima di vedere come riconoscere i contributi cosiddetti nocivi è importante ricordare la sentenza numero 30.803 del 2024 che ha stabilito che è possibile aumentare la pensione operando la cosiddetta neutralizzazione dei contributi.

Questo vuol dire che è vantaggioso per il cittadino escludere completamente dal calcolo quei periodi in cui la retribuzione è stata più bassa perché ciò determinerebbe un importo finale della pensione più alto.

anziani su bicicletta e scritta
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Un tempo questa possibilità era riservata soltanto a chi presentava la domanda di pensione, ma adesso, per nuovo orientamento, può essere richiesta anche dopo il pensionamento, una volta che si siano raggiunti i 67 anni di età. Concretamente, chi ha scelto il pensionamento anticipato, arrivato ai 67 anni può chiedere il ricalcolo della pensione arrivando ad escludere fino a ben 260 settimane che equivalgono poi a 5 anni di contributi penalizzanti.

Come funziona la neutralizzazione

La neutralizzazione si applica però soltanto ai contributi versati dopo il raggiungimento del diritto alla pensione, cioè ad esempio dopo 20 anni di contributi per la vecchiaia o dopo gli anni richiesti per gli uomini e per le donne con la normativa attuale. Un’ampia documentazione va allegata alla domanda INPS per la neutralizzazione.

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Ma vediamo come riconoscere i contributi penalizzanti. Dal punto di vista tecnico, sono quelli che inseriti nel calcolo complessivo della pensione riducono l’importo finale.

Questo capita per le retribuzioni basse. In sostanza, sono relativi a periodi lavorativi con retribuzioni inferiori rispetto a quelle precedenti, come spesso capita per un lavoro part-time o per le indennità. Sono peraltro stati versati in momenti successivi al raggiungimento del requisito minimo contributivo, a prescindere da quale esso sia. La durata massima, come si diceva, è di 260 settimane o 5 anni.

Cambio di mentalità necessario

Spesso sono periodi di contribuzione figurativa, come quelli che derivano dalla Naspi o integrazioni salariali, che però vanno ad abbassare alle volte anche un bel po’ il montante contributivo. Per identificarli, basta scaricare il proprio estratto conto contributivo dall’INPS e andare a trovare i periodi con le retribuzioni basse o indennità.

Ma secondo gli esperti c’è bisogno di un cambio di mentalità: infatti il lavoratore al momento di iniziare un percorso lavorativo nel quale si accontenta di una paga troppo bassa dovrà in modo consapevole calcolare non solo il minor guadagno attuale, ma anche il riflesso sulla pensione futura. Infatti come abbiamo precedentemente ricordato è importante comprendere che il nostro presente (di lavoratori) scrive il nostro futuro di pensionati.

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