Andare in pensione in Italia sta diventando sempre più difficile, ma le promesse dei politici si trasformano di rado in qualcosa di concreto.
Tuttavia, lo strumento della supervalutazione dei contributi è un trucco utile e legale per migliorare la propria situazione dal punto di vista previdenziale. Secondo gli esperti, c’è molta disinformazione sul fronte dei contributi e non è sempre necessario doverne totalizzare un grandissimo numero, quanto strutturarli e utilizzarli nel modo più opportuno.

Carriere lavorative costruite senza la giusta attenzione ai contributi spesso consentono di andare in pensione troppo tardi e con assegni INPS troppo bassi. I contributi pensionistici possono essere supervalutati nei casi seguenti. Innanzitutto, i contributi versati prima dei 18 anni di età valgono 1,5 volte ai fini del diritto alla pensione.
Come funziona e che fattore di moltiplicazione si applica
Concretamente, quindi, ogni mese lavorato vale come un mese e mezzo dal punto di vista dell’anzianità contributiva. Questa misura riguarda chi abbia iniziato a lavorare con il sistema contributivo puro e dopo il 1995. Un’altra situazione è quella di chi è stato riconosciuto invalido ma ha ugualmente continuato a lavorare. In questo caso, la maggiorazione sarà del 20% e quindi i contributi sono moltiplicati per 1,2.

Tutto ciò vale per i periodi lavorativi successivi alla data di riconoscimento dell’invalidità, fino ad un massimo di 5 anni. Le maggiorazioni oltre i 5 anni maturate prima del 1998 vanno considerate per intero, ma quelle dopo questa data sono limitate a 5 anni.
Questo non deve stupire, visto che le leggi sulle pensioni sono progressivamente peggiorate. Alcune categorie molto particolari, come quella dei non vedenti, non hanno questa limitazione. Queste maggiorazioni hanno lo scopo di anticipare il diritto alla pensione ma non vanno a potenziare l’assegno.
Vantaggio temporale
Quindi, il fatto che un mese valga per 1,5 oppure per 1,2 o ancora per 1,3 serve ad arrivare prima al requisito temporale che consente finalmente di lasciare il lavoro, ma non offre un potenziamento anche dal punto di vista dell’assegno pensionistico. Se i contributi per la pensione non sono sufficienti, è sempre possibile valutare il versamento volontario di contributi o altre soluzioni.
Ormai, quando si cambia lavoro o comunque si prende una decisione che impatta sulla propria carriera lavorativa, oltre a mercanteggiare sullo stipendio, bisogna anche ragionare in termini contributivi. In sostanza, bisogna fare una simulazione di quello che è la scelta A o la scelta B andranno a determinare sulla futura pensione e fare le proprie scelte anche in base a questo aspetto importante.