Tari seconde case, il paradosso: si paga di più anche se si consuma di meno

La gestione della Tari sulle seconde case continua a sollevare dubbi e polemiche. Molti contribuenti si ritrovano a pagare importi più alti rispetto ai consumi reali, a causa dei criteri adottati dai Comuni per il calcolo della tariffa sui rifiuti.

La disciplina della Tari, introdotta con la legge di stabilità 2014, stabilisce che la tassa sui rifiuti si calcoli in base alla superficie dell’immobile e al numero degli occupanti. Tuttavia, quando si tratta di abitazioni non principali, come le seconde case utilizzate per pochi periodi all’anno, scatta un paradosso. Anche se i consumi sono ridotti o addirittura nulli, la quota fissa della tassa e le presunzioni legate alla potenziale produzione di rifiuti fanno lievitare l’importo dovuto. Secondo i dati forniti da Anutel (Associazione nazionale uffici tributi enti locali), la normativa attuale non consente di esentare dal pagamento chi utilizza poco o nulla l’immobile. Per i Comuni, infatti, ogni immobile abitabile è considerato produttore di rifiuti a prescindere dall’effettivo utilizzo.

tari seconda casa
Tari seconde case, il paradosso: si paga di più anche se si consuma di meno – mondoefinanza.it

Il Centro Studi della UIL ha evidenziato come in media la Tari sulle seconde case incida del 60-70% in più rispetto alle prime abitazioni, nonostante i rifiuti prodotti siano inferiori. Questo avviene perché la parte variabile della tariffa, che dovrebbe dipendere dai rifiuti realmente conferiti, è spesso calcolata in base a parametri presuntivi.

Il meccanismo di calcolo e le criticità applicative

Il calcolo della Tari avviene combinando una quota fissa, basata sulla superficie catastale, e una quota variabile legata agli occupanti. Nel caso delle seconde case, spesso disabitate o utilizzate saltuariamente, la quota variabile viene comunque applicata come se l’immobile fosse occupato stabilmente. Ciò genera il cosiddetto “effetto paradosso”: chi produce meno rifiuti finisce con il pagare di più rispetto al reale utilizzo.

Secondo la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16332/2018, i Comuni non possono esentare totalmente le seconde case dal pagamento della tassa rifiuti, ma solo prevedere riduzioni parziali laddove vi sia un utilizzo discontinuo. Alcuni enti locali, ad esempio, applicano riduzioni del 30% o del 50% per gli immobili non occupati continuativamente. Tuttavia, tali sconti non sono uniformi sul territorio nazionale e dipendono dai regolamenti comunali.

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Il meccanismo di calcolo e le criticità applicative – mondoefinanza.it

L’ARERA (Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente) ha più volte sottolineato la necessità di una maggiore trasparenza nei criteri di calcolo, affinché la parte variabile sia davvero collegata ai rifiuti effettivamente prodotti. Nel 2024, l’associazione dei consumatori Adiconsum ha denunciato numerosi casi di bollette Tari sproporzionate, soprattutto per le seconde abitazioni al mare o in montagna utilizzate solo poche settimane l’anno.

Le prospettive di riforma e i possibili correttivi

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in un recente tavolo tecnico con ANCI, ha aperto alla possibilità di uniformare i criteri di calcolo della Tari sulle seconde case, introducendo riduzioni automatiche in caso di consumi molto bassi certificati dalle bollette di acqua, luce e gas. L’ipotesi allo studio è quella di consentire ai contribuenti di dimostrare l’uso saltuario dell’immobile per ottenere sconti significativi sulla parte variabile della tariffa.

Secondo uno studio di Cgia di Mestre, l’attuale sistema penalizza in particolare i piccoli proprietari e chi eredita abitazioni nei comuni minori, costretti a pagare importi elevati anche senza un effettivo beneficio. L’associazione suggerisce l’introduzione di un criterio nazionale che differenzi le abitazioni a uso continuativo da quelle a uso saltuario, evitando sperequazioni evidenti.

Un altro correttivo proposto riguarda la possibilità di legare la parte variabile della Tari non più al numero di occupanti presunti, ma ai reali conferimenti registrati nei sistemi di raccolta porta a porta con tessera elettronica. Questa sperimentazione è già stata avviata in alcune città come Parma e Treviso, dove il principio “chi inquina paga” è applicato in modo più diretto.

In attesa di una riforma complessiva, resta il paradosso Tari: molti proprietari di seconde case continuano a pagare una tassa rifiuti superiore al reale consumo, alimentando un dibattito che coinvolge contribuenti, associazioni e istituzioni.

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