Può capitare che l’INPS accolga una domanda di pensione ma il pagamento non arrivi. In questi casi i pensionati si trovano di fronte a ritardi imprevisti, spesso dovuti a motivi tecnici o amministrativi, ma esistono strumenti per sbloccare la situazione e ottenere gli arretrati.
Il tema dei ritardi nei pagamenti delle pensioni riguarda un numero crescente di cittadini, che pur avendo ricevuto la conferma dell’accoglimento della loro pratica si trovano senza l’accredito sul conto corrente. Le cause possono essere diverse: errori nei dati bancari, problemi interni all’INPS, mancate comunicazioni o verifiche aggiuntive. Talvolta basta che l’IBAN sia errato o che il conto sia stato chiuso per bloccare l’intero processo di pagamento. Altre volte i ritardi derivano da giornate non bancabili, che spostano l’accredito al primo giorno lavorativo utile.

L’INPS ha più volte chiarito che in caso di coordinate non aggiornate la pensione viene sospesa finché il cittadino non comunica i dati corretti. In alcuni casi, segnalati anche dai patronati, il problema nasce da incongruenze nei dati reddituali o dalla mancata trasmissione di informazioni necessarie a calcolare gli arretrati. Anche la giurisprudenza ha riconosciuto che, di fronte a ritardi ingiustificati, il pensionato può vantare il diritto agli interessi legali e, se la rivalutazione monetaria risulta più alta, anche al cosiddetto maggior danno. La questione non è quindi solo tecnica ma tocca diritti patrimoniali che possono essere rivendicati attraverso gli strumenti messi a disposizione.
Cause tecniche e ostacoli al pagamento della pensione
Uno dei motivi più frequenti riguarda la mancanza di un IBAN valido comunicato all’INPS. Se il conto è stato chiuso o le coordinate sono cambiate, il sistema non può completare l’accredito e la rata viene sospesa. L’istituto invita quindi i pensionati a verificare con attenzione i dati inseriti. Un altro ostacolo può derivare da errori nell’istruttoria, come dati anagrafici non aggiornati, controlli supplementari o incongruenze nei documenti. In alcuni casi i ritardi sono legati a verifiche sui redditi, soprattutto per le prestazioni collegate al reddito familiare o a maggiorazioni sociali.

Anche i giorni festivi incidono: quando il pagamento cade in una giornata non lavorativa, l’erogazione slitta automaticamente al giorno utile successivo. Alcuni analisti hanno inoltre evidenziato come la gestione di pratiche complesse, ad esempio quelle con cumulo contributivo, richieda tempi più lunghi rispetto alla media. L’INPS, nei propri bollettini, indica che i tempi medi di lavorazione variano dai 50 ai 120 giorni, ma non mancano casi che superano queste soglie.
Come sollecitare l’erogazione e ottenere gli arretrati
Il primo strumento a disposizione dei cittadini è il servizio online “richiesta per pagamento delle rate pensionistiche non pagate”, che consente di aggiornare le coordinate bancarie e sollecitare il versamento. In alternativa è possibile usare “INPS Risponde”, con cui si invia un quesito ufficiale all’istituto. Se dopo 15 giorni non si riceve risposta, il cittadino può rinnovare la segnalazione. In caso di silenzio protratto, è possibile presentare un ricorso amministrativo per contestare l’inerzia. Qualora anche questa strada non sortisca effetti, la tutela passa attraverso il giudice ordinario, che può ordinare il pagamento e riconoscere anche gli interessi di mora. Patronati e associazioni dei consumatori confermano che il pensionato ha diritto a vedere corrisposte non solo le somme spettanti ma anche le compensazioni per il ritardo. La giurisprudenza ha stabilito che gli interessi legali si applicano sempre e, nei casi in cui la rivalutazione monetaria sia superiore, il cittadino può ottenere la differenza come risarcimento aggiuntivo. Si tratta quindi di strumenti concreti che permettono di garantire il rispetto dei diritti previdenziali e di ridurre l’impatto di ritardi che, se non gestiti, rischiano di compromettere la stabilità economica di chi vive di pensione.