Può sembrare assurdo, ma una casa pignorata continua a pesare sul valore ISEE anche se non è più nella reale disponibilità del proprietario. È un dettaglio che sfugge facilmente, ma che può fare una grande differenza nell’accesso ai bonus e alle agevolazioni. L’ISEE basso, se accompagnato da un immobile pignorato, non sempre racconta tutta la verità sulla situazione economica. Eppure, la normativa non lascia spazio a interpretazioni soggettive. C’è un principio preciso, che lega la proprietà formale alla dichiarazione patrimoniale. Una regola che può sembrare distante dalla vita reale, ma che va compresa fino in fondo.
Quando una casa viene pignorata, la percezione immediata è quella di una perdita: non si può più usare l’immobile, si è in attesa della vendita all’asta e la situazione personale appare profondamente compromessa. Tuttavia, la legge italiana, nella compilazione dell’ISEE, guarda a un’altra dimensione: quella giuridica. Finché l’immobile non viene formalmente venduto, resta parte del patrimonio e, per questo, deve essere incluso nella Dichiarazione Sostitutiva Unica.

Questa distanza tra ciò che accade nella realtà e ciò che risulta agli occhi della normativa genera confusione. Non si tratta solo di un problema tecnico: può incidere in modo significativo sulle possibilità di ottenere prestazioni sociali agevolate. Le famiglie che vivono una crisi economica si trovano a dover giustificare un patrimonio che in realtà non è più disponibile. E questo, spesso, porta con sé conseguenze non trascurabili.
Perché l’ISEE considera ancora la casa pignorata anche quando è in attesa di essere venduta all’asta
Il D.P.C.M. n. 159/2013, che regola la compilazione dell’ISEE, è molto chiaro su questo punto. Il patrimonio immobiliare da dichiarare è quello posseduto al 31 dicembre del secondo anno precedente rispetto alla data di presentazione della DSU. Non importa se l’immobile sia pignorato o in via di esecuzione forzata: se è ancora intestato, va indicato. Il Quadro FC3 della DSU richiede infatti l’inserimento del valore ai fini IMU di tutti i beni immobili intestati, anche quelli non più utilizzati o abitati.

È importante comprendere che la normativa si basa sulla titolarità giuridica, non sulla disponibilità materiale del bene. Un esempio può chiarire meglio: se nel 2023 si presenta la DSU per calcolare l’ISEE e l’immobile risulta ancora intestato al 31 dicembre 2021, anche se nel frattempo è stato pignorato o è stato lasciato vuoto, deve comunque essere incluso.
La legge esclude solo la nuda proprietà, perché priva di utilità economica immediata, ma mantiene nel calcolo tutti i diritti reali di godimento come l’usufrutto o l’abitazione. E sì, anche un bene pignorato è considerato in piena proprietà finché non passa a un nuovo proprietario tramite l’asta.
Come il pignoramento influisce realmente sull’ISEE e cosa si può fare per ridurre il suo impatto
Molti cittadini in difficoltà economica scoprono solo al momento della domanda per un bonus o per un’agevolazione che la presenza della casa pignorata nell’ISEE ne aumenta il valore. Questo può portare a essere esclusi da misure di sostegno come l’Assegno di inclusione o le agevolazioni universitarie per i figli. Il valore dell’immobile pignorato viene infatti calcolato come se fosse disponibile, anche quando non lo è più da tempo.
Non esiste una via diretta per escluderlo dalla DSU, ma è possibile aggiornare l’ISEE presentando una versione corrente, che tenga conto di eventi recenti come la perdita del lavoro o una forte riduzione del reddito. In questo modo, anche se l’immobile resta dichiarato, si può almeno correggere il valore dell’indicatore in base alla situazione attuale.
Solo nel momento in cui la casa viene effettivamente venduta e la proprietà trasferita, il bene non andrà più dichiarato nelle future DSU. Fino a quel momento, però, ogni documento ufficiale continuerà a considerarlo come parte del patrimonio.