La fusione di due unità immobiliari in un’unica casa, nella quale andare a vivere come abitazione principale della famiglia, consente di usufruire dei bonus casa.
La fusione è considerata un intervento di manutenzione straordinaria poiché va effettivamente a trasformare qualcosa di fondamentale dell’immobile. Dunque, richiede una pratica edilizia come CILA o SCIA e la successiva variazione catastale, poiché si crea un’unica unità.
Il bonus ristrutturazione si applica, come noto, su un importo massimo agevolabile di € 96.000 per ogni unità immobiliare originaria. Dunque, i massimali si sommano e questo è un elemento di chiarezza, laddove molti ritengono che invece, essendo che si terminerà con un’unica abitazione, il massimale di € 96.000 da considerare sia uno solo.
Dunque, come dicevamo, i due massimali si sommano e, ai fini del bonus prima casa, la nuova unità non deve avere caratteristiche di immobile di lusso e deve essere ubicata nel comune in cui ci si trasferisce entro 18 mesi dall’acquisto.
La fusione deve essere reale e non solo catastale, ma laddove un domani dovessero arrivare dei controlli, devono realmente trovare delle porte o la creazione di una scala interna: insomma, deve risultare evidente che si tratti di una vera unica casa. La residenza può essere trasferita anche dopo l’inizio dei lavori ma, come detto, si deve rispettare il termine tassativo dei 18 mesi. Anche la dichiarazione in atto notarile deve indicare la volontà di effettuare la fusione.
Per mantenere i bonus prima casa quando si opera una fusione, sono importanti i seguenti requisiti: come detto, dall’atto notarile deve già risultare la volontà della fusione.
Poi, ci deve essere che i due immobili devono essere destinati a costituire un’unica unità abitativa e deve mancare del tutto l’autonomia funzionale e reddituale; e dunque, devono diventare un unico immobile anche a fini fiscali. La fusione catastale e funzionale va completata entro tre anni dalla registrazione dell’atto di acquisto con agevolazioni e questo può costituire effettivamente un limite, laddove l’impresa che svolge i lavori sia poco seria, come spesso lamentato da molti, e faccia protrarre le cose più a lungo di quanto preventivato.
Ma veniamo al tema più spinoso, e cioè quello dei controlli. L’Agenzia delle Entrate può effettuare controlli entro un ulteriore periodo di tre anni dopo i primi tre, per verificare l’effettiva fusione. Se non viene rispettato l’impegno di unificazione, il beneficio si perderà e si dovrà semplicemente versare l’imposta ordinaria, ma ci saranno anche sanzioni e interessi. Come risulta evidente, il rogito assume un ruolo di primo piano in questo tipo di procedura.
Nel rogito per l’impegno di unificazione, è importante indicare chiaramente di voler procedere all’unificazione entro tre anni. Si dovrà anche indicare che l’immobile risultante sarà destinato ad abitazione principale e che si intende trasferire la residenza entro i 18 mesi previsti dalla legge. Ovviamente, andranno indicati in modo chiaro i dati catastali completi di entrambi gli immobili che confluiranno in quello unico.
Da allegare ci sono gli atti notarili di acquisto delle due unità immobiliari, le planimetrie, gli eventuali progetti o elaborati tecnici, copia della variazione catastale, i titoli edilizi autorizzativi, eventuali dichiarazioni di conformità e qualsiasi altra documentazione i tecnici e soprattutto il notaio dovessero ritenere necessaria.
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