Come 25 anni di contributi permettono di andare in pensione prima con la nuova quota 89

Nel 2026 arriva un cambiamento che potrebbe premiare chi ha versato 25 anni di contributi. La nuova quota 89 promette un’uscita anticipata dal lavoro, anche per chi finora non rientrava nei profili più agevolati. Un meccanismo che lega età e anzianità contributiva apre scenari nuovi e più accessibili. Si tratta di una possibilità concreta per molti lavoratori italiani, soprattutto per quelli che hanno avuto carriere miste e discontinue. Bastano 5 anni in più di versamenti per ottenere 3 anni in meno di lavoro.

Da tempo il sistema previdenziale italiano premia chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996, ovvero i contributivi puri. A loro è sempre stata riservata la possibilità di uscire dal lavoro a 64 anni con almeno 20 anni di contributi, purché l’assegno pensionistico raggiungesse almeno tre volte l’importo dell’assegno sociale. Chi invece aveva contributi precedenti a questa data, i cosiddetti misti, restava fuori da questo meccanismo. Ma le cose stanno cambiando.

persona che fa i calcoli per la pensione
Come 25 anni di contributi permettono di andare in pensione prima con la nuova quota 89-mondoefinanza.it

La riforma in arrivo nel 2026 potrebbe segnare una svolta. Con la nuova quota 89, che unisce 64 anni di età e 25 anni di contributi, si apre uno scenario più equo. Questo nuovo requisito è destinato a diventare la soglia chiave per andare in pensione anticipata anche per chi ha iniziato a lavorare prima del 1996. E proprio quei 5 anni in più, da 20 a 25, faranno tutta la differenza.

Come la quota 89 può cambiare il destino previdenziale di chi ha almeno 25 anni di contributi

Quota 89 è la nuova frontiera della pensione anticipata. Non si tratta solo di una combinazione tra età anagrafica e anni di versamenti: è un cambio di rotta. Per chi ha 64 anni e ha versato almeno 25 anni di contributi, si apre la possibilità concreta di andare in pensione prima, anche se non è un contributivo puro. Il punto centrale è che si accede con il calcolo interamente contributivo dell’assegno, senza necessità di raggiungere i 67 anni.

persona che mette soldi in un salvadanaio
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Finora questo trattamento era riservato ai soli contributivi, ma la riforma punta a superare questa distinzione. I lavoratori misti, cioè chi ha contributi sia prima che dopo il 1996, potranno finalmente accedere allo stesso schema, ma solo se raggiungono i 25 anni di versamenti. Ecco perché quei 5 anni aggiuntivi sono così importanti: senza, la pensione a 64 anni resta fuori portata.

Un elemento chiave è l’importo della pensione, che deve essere pari ad almeno tre volte l’assegno sociale. Per raggiungere questa soglia, si potrà contare anche sulla previdenza integrativa. Questo strumento, finora considerato secondario, diventa fondamentale per chi vuole approfittare della quota 89. Però, ancora una volta, la condizione è avere almeno 25 anni di contributi. Chi si ferma a 20 resta escluso, anche se ha l’età giusta e una rendita integrativa attiva.

Perché 5 anni in più di contributi valgono 3 anni in meno di lavoro e aprono nuove prospettive nel 2026

Nel sistema che si sta delineando per il 2026, ogni anno di contributi guadagnato assume un peso diverso rispetto al passato. Non si tratta solo di incrementare l’importo della pensione, ma di costruire le condizioni per anticipare l’uscita dal mondo del lavoro. Avere 25 anni di versamenti non sarà più un traguardo intermedio, ma un vero e proprio lasciapassare.

Chi ha iniziato a lavorare negli anni Novanta, oggi potrebbe trovarsi vicino a questa soglia. Pensare di prolungare l’attività per altri cinque anni può sembrare impegnativo, ma il vantaggio è evidente: andare in pensione tre anni prima, senza penalizzazioni. È un calcolo che molti stanno già facendo, soprattutto tra i lavoratori autonomi e tra chi ha avuto carriere frammentate ma regolari.

La riforma, ancora in fase di definizione, sembra spingere verso un sistema che premia la stabilità contributiva più della data d’inizio dell’attività lavorativa. La nuova **quota 89** rende più inclusivo l’accesso alla pensione anticipata e permette a più persone di progettare il proprio futuro con maggiore flessibilità. Non è più solo l’età a decidere, ma anche la capacità di aver costruito una storia previdenziale solida nel tempo.

Il 2026 potrebbe segnare un momento decisivo per chi si trova a un passo dai 25 anni di contributi. Non si tratta solo di una finestra normativa, ma di un’opportunità concreta per ridurre gli anni di lavoro e aumentare quelli di libertà. Vale la pena domandarsi se sia il caso di fermarsi a 20 anni o investire ancora qualche stagione per cambiare radicalmente il proprio futuro pensionistico.

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