Pagare l’IMU per i parenti e specialmente per i figli è qualcosa di piuttosto diffuso, ma la normativa in materia non è uno scherzo ed è importante conoscerne gli aspetti positivi e negativi e soprattutto i rischi fiscali.
È possibile ottenere una riduzione al 50% sulla base imponibile IMU relativamente all’immobile concesso in comodato, a condizione che si tratti di un’abitazione non di lusso e che il comodatario la usi come abitazione principale. Dunque, si tratta di una norma che esclude forme di speculazione. Ma se questo è chiaramente un vantaggio, ci sono anche notevoli svantaggi.
Chi concede l’immobile deve possedere un solo immobile in Italia e deve avere la residenza anagrafica e dimora abituale nel Comune dove si trova l’immobile dato in comodato.
Inoltre, è obbligatorio registrare il contratto di comodato pagando l’imposta di bollo e registro, perché altrimenti la detrazione fiscale non ci sarà. Come detto, questo non va applicato agli immobili di lusso e, nel caso di controlli fiscali, l’Agenzia delle Entrate è molto rigorosa e non concede errori interpretativi.
Dunque, non rispettare anche un solo requisito fa cadere il beneficio. Inoltre, come è noto, la riduzione si applica solo ai parenti in linea retta entro il primo grado, insomma genitore-figlio. Se chi concede la casa muore, la riduzione continua a valere se l’immobile resta abitazione principale per il coniuge e ci sono figli minori.
Ma che succede se non si rispetta la normativa sul comodato? Le sanzioni per omessa o ritardata registrazione sono piuttosto pesanti, perché vanno dal 120 al 240 per cento dell’imposta dovuta, con un minimo di diverse centinaia di euro. Se la registrazione avviene con ritardo ma comunque entro i 30 giorni, la sanzione è ridotta al 60% fino a un massimo del 120%.
Anche in questo caso si può utilizzare l’ormai famoso ravvedimento operoso pagando una sanzione ridotta, ma ovviamente ciò decade se ci sono accertamenti fiscali o notifiche. Non ottemperare alle regole può condurre a un accertamento fiscale per i redditi non dichiarati e ci sono ulteriori sanzioni.
Nel caso di comodato simulato, che poi è proprio quello che il fisco sospetta sempre, l’Agenzia delle Entrate può scoprire le irregolarità e applicare severe sanzioni sia al proprietario che all’eventuale inquilino camuffato da comodatario. L’imposta di registro spetta sia a chi concede che a chi riceve la casa. Fondamentale per avere i benefici è la presenza di un contratto regolare, senza il quale tutti i vantaggi fiscali decadono.
Ma il lettore adesso si starà probabilmente chiedendo: come fa il fisco a scoprire che una locazione è stata travestita da comodato se tra i due i soldi passano in contanti? Come può scoprirlo? Innanzitutto, la Finanza verifica la presenza di canoni o corrispettivi effettivamente pagati, anche se sotto altre forme. E poi c’è un esame dell’uso concreto dell’immobile.
Inoltre, ovviamente, si analizzano i redditi del proprietario e se appaiono cifre, anche semplicemente un tenore di vita, non regolari, cominciano i primi sospetti.
Se il fisco accerta la simulazione, applica tutte le tasse e le sanzioni del caso e la Corte di Cassazione ha anche stabilito che non c’è neanche bisogno di un giudizio preventivo del giudice ordinario: l’Agenzia delle Entrate procede direttamente all’accertamento anche se ha delle semplici presunzioni.
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