Il BTP con cedola al 3,45% sta attirando l’attenzione di migliaia di risparmiatori italiani. La cedola fissa garantisce una rendita costante, ma conviene davvero puntare su questo titolo di Stato? Gli aspetti da valutare riguardano rendimento, tassazione e rischi legati all’andamento dei mercati.
I Buoni del Tesoro Poliennali rappresentano da sempre una forma di investimento molto apprezzata dalle famiglie italiane. Negli ultimi mesi, con il ritorno di tassi di interesse più elevati, il BTP 3,45% è finito sotto i riflettori. Si tratta di un titolo a medio-lungo termine che assicura una cedola fissa, percepibile due volte l’anno. Tuttavia, prima di giudicarne la reale convenienza, è necessario analizzare i dettagli dell’emissione, la durata residua e il rapporto tra rendimento lordo e rendimento netto.

L’attenzione crescente verso i titoli di Stato nasce anche dalla volatilità dei mercati azionari e dall’incertezza economica internazionale. I BTP vengono percepiti come strumenti più sicuri, soprattutto perché garantiti dal Tesoro. Ma la loro convenienza non può essere valutata unicamente guardando alla cedola nominale: occorre considerare l’andamento del prezzo sul mercato secondario, l’inflazione e le decisioni della Banca Centrale Europea.
Il funzionamento del BTP 3,45% e i rendimenti reali
Il BTP 3,45% prevede una cedola fissa annuale suddivisa in due rate semestrali. Ad esempio, su un investimento di 10.000 €, l’investitore riceve 345 € lordi all’anno, che diventano circa 301 € al netto della tassazione del 12,5% prevista per i titoli di Stato. È quindi evidente che la cedola, pur interessante, non deve essere confusa con il rendimento effettivo.
Il rendimento a scadenza dipende anche dal prezzo di acquisto. Se il titolo è acquistato sopra la pari, cioè oltre 100, la cedola reale risulterà inferiore; viceversa, un acquisto sotto la pari può aumentare il rendimento effettivo. Secondo i dati diffusi da Banca d’Italia, il rendimento netto medio di questo BTP si colloca intorno al 3%, leggermente variabile in base all’andamento dei mercati.

Altro elemento cruciale è la durata residua. Un BTP decennale con cedola al 3,45% esposto a oscillazioni di prezzo può subire cali temporanei se i tassi di interesse salgono ulteriormente. Per questo motivo, gli analisti sottolineano che tali strumenti vanno considerati in un’ottica di medio-lungo termine, evitando di liquidarli troppo presto.
I rischi da valutare e il confronto con altri strumenti
Un BTP con cedola fissa è meno esposto alla variabilità dei mercati rispetto ad azioni e fondi, ma non è privo di rischi. L’aumento dell’inflazione, ad esempio, erode il potere d’acquisto degli interessi percepiti, rendendo più conveniente per alcuni investitori strumenti come i BTP Italia, che sono indicizzati al tasso di inflazione nazionale. Allo stesso modo, i BTP Futura offrono premi fedeltà per chi mantiene l’investimento fino a scadenza.
Dal punto di vista fiscale, il vantaggio dei BTP resta la tassazione agevolata al 12,5%, inferiore rispetto al 26% applicato su azioni e obbligazioni societarie. Tuttavia, il confronto con i conti deposito e i certificati di deposito bancari mostra che, pur avendo spesso rendimenti simili, i BTP garantiscono una maggiore liquidità grazie alla negoziabilità sul mercato secondario.
Secondo gli esperti di Intesa Sanpaolo, il BTP 3,45% può rappresentare una soluzione interessante per chi desidera stabilità, ma va inserito in un portafoglio bilanciato insieme ad altri strumenti che possano coprire i rischi legati all’inflazione. Inoltre, la valutazione deve tenere conto dell’orizzonte temporale dell’investitore e della sua propensione al rischio.
In sintesi, il BTP 3,45% piace ai risparmiatori perché offre una rendita certa e sicura, ma la sua reale convenienza dipende da variabili esterne come inflazione, tassi e prezzo di acquisto. Non basta guardare alla cedola: serve un’analisi completa per comprendere se rappresenti davvero la scelta giusta.