Molti risparmiatori si chiedono se sia davvero possibile raddoppiare il capitale investendo in BTP. L’idea di trasformare 10.000 € in oltre 20.000 € grazie agli interessi maturati attira l’attenzione, ma dietro questa prospettiva si nascondono tempi lunghi e diversi rischi da valutare. Per capire se conviene, bisogna analizzare durata, rendimenti e variabili economiche.
Investire in Buoni del Tesoro Pluriennali significa affidarsi a titoli di Stato considerati sicuri, emessi per finanziare il debito pubblico. Oggi i rendimenti offerti dai BTP sono tornati interessanti, dopo anni di tassi vicini allo zero, ma non esiste un guadagno immediato. Un esempio concreto aiuta a chiarire: con un BTP a lunga scadenza e cedola intorno al 3,5% annuo, investendo 10.000 € si può arrivare a incassare oltre 21.000 € dopo 27 anni, tra interessi e capitale rimborsato.

Tuttavia, ciò richiede pazienza, perché il raddoppio avviene in un orizzonte temporale che supera di gran lunga l’investimento medio dei piccoli risparmiatori. La tassazione agevolata al 12,5% rende i titoli di Stato competitivi rispetto ad altri strumenti finanziari, ma non elimina i possibili svantaggi. Bisogna quindi domandarsi se un vincolo così lungo sia compatibile con le proprie esigenze personali e familiari.
Quanto tempo serve per raddoppiare con i BTP
Il concetto di raddoppio deriva dal meccanismo della capitalizzazione nel tempo. Un BTP a 30 anni con cedola fissa intorno al 3,5% permette di trasformare 10.000 € in circa 21.000 €, includendo il rimborso finale del capitale e tutte le cedole intermedie. Il calcolo considera un rendimento lordo costante e l’assenza di reinvestimenti, quindi nella realtà la cifra potrebbe variare. Secondo le stime elaborate da analisti come Gianluigi Serafini (Grimaldi Alliance), i rendimenti medi dei titoli di Stato italiani, se mantenuti fino alla scadenza, consentono di ottenere ritorni stabili ma molto diluiti nel tempo.

Va ricordato che le cedole vengono tassate al 12,5% e che l’inflazione riduce il potere d’acquisto del capitale restituito dopo decenni. Per questo i BTP Italia, legati all’inflazione nazionale, sono stati creati per offrire una maggiore protezione ai risparmiatori. Anche i BTP Futura, con premi fedeltà crescenti, mirano a premiare chi mantiene il titolo fino alla scadenza. L’orizzonte temporale resta però molto lungo: superare i 20 anni di attesa è necessario per vedere risultati consistenti.
I rischi da valutare prima dell’investimento
Nonostante la loro fama di strumenti sicuri, i BTP non sono privi di rischi. Il primo è quello legato all’andamento dei tassi di interesse: se la BCE dovesse alzare i tassi in futuro, il valore di mercato dei titoli già emessi potrebbe calare, penalizzando chi volesse rivendere prima della scadenza. Un altro rischio è quello legato all’inflazione: se i prezzi crescono più velocemente del rendimento fisso, il guadagno reale diminuisce sensibilmente. Inoltre, esiste il cosiddetto rischio Paese, ovvero la percezione dei mercati sul debito pubblico italiano: se peggiorasse, i nuovi BTP offrirebbero rendimenti più alti e quelli già acquistati perderebbero valore.
A questo si aggiunge un fattore pratico: la lunga durata degli investimenti. Vincolare capitale per 20 o 30 anni significa rinunciare a liquidità che potrebbe servire per altre esigenze o opportunità. Per queste ragioni, esperti come Gianmarco Bonacina (Banca Akros) sottolineano che i BTP sono adatti a chi cerca stabilità e un flusso di cedole regolari, ma devono essere inseriti in un portafoglio bilanciato, non come unica forma di investimento.