Quando si perde il lavoro e manca poco al pensionamento, è sicuramente un momento a dir poco difficile per il lavoratore.
Chi perde il lavoro quando è vicino al pensionamento entra nella NASpI; ma, come è noto, la NASpI e la pensione non possono essere percepite contemporaneamente. Da qui la domanda. Sia la legge che la giurisprudenza attuale sanciscono che la decadenza dal diritto alla NASpI decorre dal momento in cui si raggiungono i requisiti per la pensione, dunque non c’è necessità che l’interessato presenti apposita domanda.

Paradossalmente, persino se il lavoratore non dovesse fare domanda di pensione quando raggiunge i requisiti previsti dalla legge, si considera comunque decaduto dalla NASpI e, dunque, in questo caso non percepirebbe né una prestazione né l’altra.
Tra l’altro, la NASpI durante la disoccupazione apporta i contributi figurativi, che sono preziosi per la pensione. Non c’è quindi effettivamente un obbligo di bloccare la NASpI, ma è importante contabilizzare anche i contributi figurativi della stessa per non perdere cifre a cui si ha diritto.
Una decadenza automatica
Dunque, si può continuare a percepire la NASpI fino alla decadenza automatica cagionata dal raggiungimento della pensione e non bisogna avere il timore di essere in difetto. Ma a tal proposito è rilevante per la materia la sentenza di Corte di Cassazione numero 11.659 del 2024 e altre pronunce sulla stessa linea.

In questo caso un lavoratore licenziato aveva ottenuto la NASpI dopo la cessazione del rapporto di lavoro. Successivamente, però, aveva maturato i requisiti pensionistici, in particolare pensione di vecchiaia anticipata. Ha fatto, dunque, domanda ottenendo il trattamento dall’INPS.
Tuttavia, ha continuato a percepire la NASpI e l’INPS è stata poi costretta a chiedere la restituzione delle somme di NASpI pagate dal raggiungimento dei requisiti pensionistici fino al termine effettivo del trattamento, ritenendo che la NASpI decada automaticamente quando si raggiungono i requisiti.
La cosa paradossale è che il Tribunale e la corte d’Appello inizialmente avevano dato ragione al lavoratore perché avevano tutelato la sua buona fede, visto che non aveva percepito contemporaneamente NASpI e pensione. Tuttavia, il pronunciamento della Cassazione che abbiamo citato ha ribaltato tutto.
La Cassazione ribalta i gradi di giudizio precedenti
La Cassazione ha sancito che la NASpI è una prestazione previdenziale non pensionistica. Ha sancito, soprattutto, che la decadenza dal diritto alla NASpI decorre automaticamente dal momento in cui si maturano i requisiti pensionistici e ha bypassato una sorta di “principio di cassa”. La mancata domanda di pensione nel periodo in cui già si posseggono i requisiti non evita che la NASpI decada quando si raggiungono i requisiti.
Di conseguenza, l’INPS può ben chiedere la restituzione delle somme indebitamente percepite. Tuttavia, questo non esclude che il giudice, con il potere che la legge gli riconosce di valutare la buona fede e di decidere caso per caso, se incontra un cittadino in buona fede che riceverebbe un grave pregiudizio dall’obbligo di restituire le somme, può modulare in modo più umano e accondiscendente tale obbligo.





