Il Consiglio di Stato mette in riga le amministrazioni che ignorano la disabilità


Quando un diritto viene trattato come una concessione, è il momento di fermarsi e riflettere. Cosa accade quando la richiesta legittima di una persona con disabilità viene respinta senza spiegazioni credibili? E cosa significa davvero mobilità, se non la possibilità concreta di vivere con dignità ogni giorno? Il caso che ha coinvolto il Consiglio di Stato non è solo una questione di parcheggi, ma una storia che parla di diritti, di burocrazia e di responsabilità pubblica. In queste righe si entra nel cuore di una vicenda che mostra come ogni scelta amministrativa abbia un peso sulla vita reale delle persone. La protezione dei diritti delle persone con disabilità deve diventare un criterio imprescindibile, non un’opzione eventuale.

C’è chi dà per scontato il diritto di spostarsi liberamente e chi invece deve lottare per ottenerlo. E non si parla di grandi viaggi o di spostamenti complessi, ma di semplici tragitti quotidiani. Andare a lavorare, uscire di casa, parcheggiare vicino alla propria abitazione. Per una persona con gravi difficoltà motorie, anche questo può diventare un traguardo difficile da raggiungere. È proprio da qui che prende forma una battaglia che non dovrebbe esistere: quella per far valere un diritto previsto dalla legge, ma spesso ignorato dalle amministrazioni locali.

simboli giustizia, martello e bilancia
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L’ordinanza del Consiglio di Stato del 12 settembre 2025, con cui viene accolto il ricorso di un cittadino con disabilità, mette in luce tutte le contraddizioni di un sistema che fatica a riconoscere la centralità della persona. La tutela della mobilità e dell’autonomia delle persone disabili non può essere sacrificata in nome della semplificazione amministrativa o, peggio ancora, di valutazioni generiche. Serve un cambio di passo, e questa decisione ne è un esempio concreto.

Quando la legge parla chiaro ma le amministrazioni fanno finta di non sentire creando ostacoli invece che soluzioni

L’articolo 381 del Regolamento di esecuzione del Codice della Strada è esplicito: le persone con disabilità, in certe condizioni, hanno diritto a uno stallo riservato vicino casa. Non è un favore, è un diritto. Il Comune, però, ha detto no, sostenendo che la zona non presenta problemi di traffico. Una risposta generica, senza istruttoria, senza dati, senza un vero confronto con la realtà. È questo il nodo che ha portato il Consiglio di Stato a intervenire, sottolineando che il diniego era privo di fondamento.

mani che accarezzano e proteggono il simbolo della disabilità
Quando la legge parla chiaro ma le amministrazioni fanno finta di non sentire creando ostacoli invece che soluzioni-mondoefinanza.it

Non è la prima volta che succede. Altri precedenti, come la sentenza n. 978/2024 del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Sicilia, avevano già chiarito che il potere discrezionale del Comune deve sempre essere bilanciato con i diritti della persona. Serve un’istruttoria completa, una valutazione reale delle esigenze del richiedente e delle condizioni del contesto urbano. Non basta scrivere due righe per respingere una domanda che incide su un aspetto essenziale della vita quotidiana.

Nel caso concreto, la patologia del richiedente era grave, documentata, certificata. Eppure, tutto questo è stato ignorato. Il Consiglio di Stato ha quindi sospeso il provvedimento comunale, obbligando l’amministrazione a ripetere l’esame della richiesta con maggiore attenzione. Un atto che dovrebbe essere la norma, non l’eccezione.

Un semplice parcheggio può trasformarsi nel simbolo di un diritto più grande che non può essere trascurato dalle istituzioni

Dietro la richiesta di uno stallo di sosta c’è molto di più di una questione logistica. C’è il bisogno di vivere con indipendenza, di sentirsi parte della comunità, di poter decidere come e quando uscire di casa. È qui che entra in gioco il valore della protezione dei diritti delle persone con disabilità, che non può essere subordinato a valutazioni sommarie o a cavilli amministrativi.

La decisione del Consiglio di Stato mostra come la giustizia amministrativa possa e debba fare la sua parte. Non si tratta di garantire privilegi, ma di assicurare pari opportunità. Le parole dell’ordinanza sono chiare: il diritto alla mobilità è uno strumento per migliorare concretamente la vita delle persone. Non può essere ridotto a una questione di viabilità. È, prima di tutto, un’espressione concreta della dignità umana.

Ogni Comune, ogni ente pubblico, dovrebbe ricordare che dietro ogni pratica c’è una storia personale. E se davvero si vuole costruire una società inclusiva, è da questi dettagli che bisogna partire. La strada per l’uguaglianza si percorre un passo alla volta. O, a volte, un parcheggio alla volta.

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