La Suprema Corte di Cassazione, con sentenza 25.50025 del 17 settembre 2025, ha stabilito in modo definitivo il diritto in capo ai turnisti a ricevere buoni pasto per ogni turno di lavoro.
In particolare, è ogni turno lavorativo superiore alle sei ore a dover beneficiare necessariamente del buono e questo indipendentemente dai regolamenti interni dell’azienda o dell’ente. Si tratta di un vero e proprio diritto soggettivo del lavoratore che prescinde e supera le decisioni dell’imprenditore.

Il caso esaminato riguarda infermieri che lavoravano su turni continuativi ma erano esclusi, in virtù di un regolamento interno piuttosto assurdo, dai buoni pasto.
La Cassazione ha rigettato il ricorso del datore di lavoro. Il principio a cui si è appellata la Cassazione è che la durata del turno oltre le 6 ore oggettivamente impone il diritto alla pausa per il pasto e di conseguenza anche al bonus relativo. Gli esperti sottolineano che al giorno d’oggi di questo non dovremmo nemmeno discutere.
Come rivendicare i propri diritti più basilari
Il fatto che esistano cause su diritti così basilari è il riflesso di un imbarbarimento del mondo dei diritti dei lavoratori. Nel contesto normativo, la sentenza si inserisce sottolineando che la pausa per il pasto prevista dalla legge deve esserci necessariamente dopo sei ore di lavoro per tutelare salute e dignità del lavoratore e i regolamenti interni o i contratti non hanno il potere di derogare a ciò.

Ma la decisione non arriva come un fulmine a ciel sereno, infatti segue orientamenti giurisprudenziali recenti che vanno a ribadire il principio di uguaglianza di trattamento e di dignità del lavoratore, cercando di difenderlo dalle troppe furbesche regole che cercano di strappare via dignità e diritti. Dal punto di vista sociale e sindacale, questa ordinanza rafforza il ruolo dei buoni pasto.
Un punto di riferimento
I buoni non sono da considerarsi un mero benefit economico, ma un vero e proprio elemento di tutela della persona e della sua dignità. In particolare poi, in questo caso, la Cassazione ha condannato alle spese l’ente datore di lavoro proprio per sanzionare resistenze pretestuose verso diritti che dovrebbero essere assolutamente elementari per il lavoratore.
Dal punto di vista sindacale, una sentenza del genere rappresenta un importante punto di riferimento tanto per il sindacalista quanto per il lavoratore che deve battere i pugni e smettere di chinare la testa di fronte ad ogni ingiustizia. Ma molti sottolineano che robot ed AI renderanno progressivamente più conflittuale l’ambito del lavoro e che occorrono limiti normativi forti per evitare che i lavoratori vengano sostituiti.