Un vuoto nell’estratto conto contributivo, scoperto magari solo a ridosso della pensione, può diventare un vero incubo. Anni di lavoro che non risultano registrati, contributi mai versati dal datore di lavoro, e la paura concreta di ritardi o tagli sull’assegno previdenziale. La sensazione iniziale è di impotenza, ma la legge oggi offre strumenti precisi e, grazie a una recente sentenza della Cassazione, anche più tempo per intervenire e recuperare ciò che spetta. E la domanda che sorge spontanea è: quando il vecchio datore non ha pagato i contributi, è ancora possibile recuperarli?
Scoprire che i contributi previdenziali non sono stati versati cambia tutto. Non si tratta solo di una questione economica, ma di rispetto del lavoro svolto. Spesso ci si accorge del problema quando si è ormai vicini all’età pensionabile. Si controlla l’estratto conto INPS e si notano mesi o anni mancanti. A quel punto ci si sente bloccati, soprattutto se si teme che tutto sia prescritto.
Però non è così. La normativa prevede una soluzione, e la giurisprudenza recente ha rafforzato il diritto del lavoratore a intervenire anche dopo molto tempo. Questo significa che esistono strade legali per tutelare la propria pensione, anche se i contributi non risultano versati da decenni.
Secondo la legge 1338/1962, anche se i contributi non risultano più esigibili dall’INPS dopo 5 anni per prescrizione, il lavoratore ha ancora margine d’azione. Esiste infatti uno strumento chiamato **rendita vitalizia**, che consente di ricostruire i periodi non coperti da versamenti.
Attraverso questo meccanismo, è possibile versare all’INPS una somma – detta riserva matematica – che copre il valore pensionistico dei contributi mancanti. Il costo può essere sostenuto direttamente dal datore di lavoro se l’omissione è avvenuta da meno di 15 anni. Se invece sono passati tra 15 e 25 anni, il lavoratore può anticipare l’importo e poi chiedere il **risarcimento del danno** all’ex datore.
Un esempio chiarisce meglio. Un operaio scopre a 60 anni che dal 1999 al 2001 non risultano versamenti. L’INPS non può più pretendere nulla, ma lui può decidere di costituire la rendita vitalizia. Se versa 7.000 euro all’INPS, può successivamente avviare una causa civile per farsi rimborsare dal datore. Questo diritto vale fino al 25º anno dall’omissione.
Cosa succede se sono passati più di 25 anni? In questo caso, il **diritto al risarcimento** si prescrive. Tuttavia, una modifica normativa del 2024 ha introdotto un principio importante: la possibilità di costituire la rendita vitalizia non si prescrive mai. Significa che, anche se il datore di lavoro non può più essere chiamato a rispondere, il lavoratore può comunque sanare la propria posizione contributiva.
Ovviamente, in questo caso il costo resta totalmente a carico del lavoratore, ma rappresenta comunque una via per evitare penalizzazioni sull’importo della pensione. È una scelta personale, ma può fare la differenza tra ricevere una pensione completa oppure no.
Chi si accorge di queste omissioni dovrebbe agire con prontezza. Verificare regolarmente l’estratto conto sul sito INPS e consultare un esperto può evitare sorprese amare. Anche se il tempo passa, la legge ora riconosce che i diritti dei lavoratori non svaniscono così facilmente.
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