Una storia vera, che coinvolge uno strumento familiare a milioni di italiani: i buoni fruttiferi postali.
Tutto parte da una semplice verifica, e si trasforma in un labirinto di documenti, date e decisioni inattese. Non sempre quello che sembra perduto lo è davvero, ma la verità può arrivare troppo tardi. Un caso che mette in luce come memoria, burocrazia e regole possano intrecciarsi in modi sorprendenti.
Poste Italiane, l’Arbitro Bancario Finanziario e la fiducia nei propri risparmi: tutto si gioca in pochi passaggi.
Una decisione finale che lascia con l’amaro in bocca e tante domande su cosa succede davvero dietro le quinte.
Nel 2003, un risparmiatore aveva sottoscritto 30 buoni fruttiferi postali da 2.500 euro ciascuno. A distanza di vent’anni, quando si avvicina la scadenza, decide di fare il punto della situazione e si accorge che in suo possesso ci sono solo 26 buoni. Degli altri quattro non vi è traccia.

Inizia così un percorso fatto di richieste, attese e verifiche. Il primo passo è rivolgersi a Poste Italiane per capire se quei titoli siano effettivamente stati smarriti o se qualcosa sia andato storto nella gestione. La risposta non tarda ad arrivare, ma non è quella sperata.
Poste Italiane dimostra il rimborso: ma qualcosa non torna
Secondo la documentazione prodotta da Poste Italiane, i buoni risultano tutti già riscossi tra il 2006 e il 2007. Alcuni sarebbero stati liquidati direttamente dal titolare, uno addirittura da un cointestatario.
Il cliente, a questo punto, prende atto delle prove ricevute. La certezza che i buoni siano stati rimborsati c’è. Ma resta un senso di frustrazione, perché il disguido lo ha costretto a sostenere spese per ottenere queste informazioni. Infatti, per la ricerca della documentazione ha versato 50 euro, ai quali si sommano i 20 euro necessari per rivolgersi all’Arbitro Bancario Finanziario.

È proprio davanti all’ABF che si gioca l’ultima carta. Il cliente non pretende più il rimborso dei buoni, ma chiede almeno che gli vengano restituite le spese affrontate per far luce sulla vicenda.
La sua richiesta, però, arriva solo nelle repliche, cioè in una fase troppo avanzata del procedimento. Questo ritardo formale finisce per pesare come un macigno sull’esito finale del caso.
L’intervento dell’ABF e una decisione che sorprende
Il Collegio dell’Arbitro Bancario Finanziario di Bologna, con decisione n. 3693 dell’11 aprile 2025, prende atto della documentazione fornita da Poste Italiane e dichiara chiusa la questione principale. I buoni sono stati effettivamente rimborsati: la materia del contendere non esiste più.
Tuttavia, quando si tratta di esaminare la richiesta di rimborso delle spese sostenute dal cliente, il Collegio è costretto a rigettarla. Non perché la richiesta sia infondata, ma perché è stata presentata fuori tempo massimo. Secondo le regole dell’ABF, tutte le richieste vanno formulate nella domanda iniziale.
Questa decisione, perfettamente coerente con le norme, lascia però una riflessione aperta. Per chi non ha dimestichezza con i procedimenti tecnici, muoversi tra regole, termini e documentazione può diventare un’impresa difficile. Anche un errore formale può compromettere la possibilità di ottenere giustizia.
Il caso dei 26 buoni postali evidenzia come la gestione dei propri risparmi richieda attenzione costante, anche a distanza di molti anni. Conservare ricevute, controllare periodicamente la situazione e agire tempestivamente può fare la differenza.
Non si tratta solo di denaro, ma di fiducia nei confronti delle istituzioni. La vicenda dimostra che anche quando tutto sembra perduto, la verità può emergere. Ma serve preparazione, pazienza e una buona dose di precisione.