Conto corrente cointestato: il coniuge che preleva più del 50% rischia grosso

Una moglie tradita decide di proteggere i risparmi di famiglia prelevando oltre 176mila euro dal conto condiviso col marito. Ma il tribunale non perdona. Una recente sentenza ha messo nero su bianco che svuotare un conto cointestato senza consenso può avere conseguenze gravissime. Il caso ha sollevato interrogativi su cosa si può e cosa non si può fare quando due persone condividono un conto corrente, ma il legame sentimentale si rompe. Chi agisce d’impulso rischia grosso, anche se spinto dalla paura o dalla rabbia. E la legge, in questi casi, è molto chiara.

Quando una relazione finisce, il conto in banca può diventare un terreno minato. Non è raro che, nel mezzo di una crisi, uno dei due partner decida di mettere al sicuro i soldi comuni per paura che l’altro li spenda. È quello che è successo in una storia finita davanti al Tribunale di Rovigo. La moglie, venuta a conoscenza del tradimento del marito, ha trasferito l’intero saldo del conto cointestato su un conto personale. Nella sua versione dei fatti, temeva che l’uomo potesse sperperare tutto con la nuova compagna.

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Ma la giustizia ha dato torto alla donna, congelando metà di quella somma e riconoscendo al marito la sua quota. Questo episodio non è solo cronaca giudiziaria: rappresenta un campanello d’allarme per chi condivide un conto corrente con qualcuno.

È con un’ordinanza datata 12 settembre 2025 che il Tribunale di Rovigo ha disposto il sequestro conservativo dei beni della donna, stabilendo che prelevare più della propria quota (cioè oltre il 50 per cento) dal conto cointestato senza il consenso dell’altro è forma di appropriazione indebita. Anche il timore che l’altro possa dilapidare il patrimonio non è ritenuto sufficiente. Il giudice ha imposto il vincolo su beni mobili, immobili e crediti per un valore pari alla metà del denaro prelevato, ossia oltre 88mila euro, per tutelare la parte lesa.

Il conto cointestato e la presunzione della divisione al 50%

Secondo la legge italiana, in particolare gli articoli 1298 e 1854 del Codice Civile, i fondi presenti su un conto cointestato si presumono divisi in parti uguali, se non esistono prove contrarie. Significa che ogni intestatario può disporre liberamente solo della propria metà. Se qualcuno estrae più del 50 per cento senza autorizzazione, si configura appropriazione indebita.

Nel caso del Tribunale di Rovigo, la moglie ha prelevato la totalità del saldo, circa 176mila euro, per poi trasferirlo su un conto personale, senza l’accordo del marito. Le sue giustificazioni emotive non hanno convinto il giudice. La paura che il marito usasse i soldi con la nuova compagna non ha valso come consenso tacito né come prova di un credito già accertato. Così è scattato il sequestro conservativo su beni e crediti per il valore di metà della somma prelevata, ossia oltre 88mila euro.

Anche se la coppia aveva il regime della comunione legale dei beni, il conto bancario non è assimilabile in tutto alla comunione dei beni: è una comunione ordinaria tra i cointestatari, con quote distinte, che restano separate se non si dimostra diversamente.

Non basta avanzare pretese informali di mantenimento arretrato o crediti futuri: senza una decisione giudiziaria o un accordo chiaro, non si può agire unilateralmente. In situazioni di conflitto, le motivazioni personali non sostituiscono le garanzie processuali richieste dalla legge.

Agire per impulso non è una difesa valida

Il caso mette in luce quanto le emozioni forti – rabbia, gelosia, senso di tradimento, possano spingere a decisioni drastiche che però non trovano appiglio nel diritto. Anche se appare ingiusto subire passivamente, la legge non consente di usare il “timore” come giustificazione per atti che ledono i diritti altrui.

Nel caso specifico la donna ha speso parte della somma per investigazioni private, una cifra attorno a 21mila euro, ma non ha potuto documentare il resto. Il tribunale non ha accettato che queste spese potessero coprire l’intero importo prelevato oltre la quota spettante, perché non erano chiari né certi crediti.

Sono previste conseguenze che vanno oltre la restituzione: il sequestro conservativo è misura cautelare che protegge la parte offesa, ma prepara il terreno per richieste risarcitorie. Chi agisce senza rispetto delle regole rischia non solo responsabilità civile, ma anche eventuali profili penali, se si configura appropriazione indebita.

Gestire separazioni o crisi coniugali passando per vie legali è l’unica strada che tutela realmente diritti ed interessi. Azioni impulsive possono trasformarsi in contenziosi ben più complessi, con danni che vanno al di là del patrimonio.

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