Il 2024 ha rivoluzionato le regole del gioco per le imprese innovative italiane. Startup, PMI, incubatori e acceleratori si trovano oggi in un ecosistema più solido, riconosciuto e incentivato dallo Stato. Le novità introdotte non sono solo teoriche, ma hanno cominciato a produrre effetti reali nel 2025, rendendo il nostro Paese più attrattivo per capitali privati, menti brillanti e investitori istituzionali. Una svolta normativa che segna il passaggio da un modello frammentato a un sistema integrato pensato per accompagnare le imprese lungo tutte le fasi del loro sviluppo.
Per anni, l’Italia ha sostenuto l’innovazione con interventi parziali e spesso concentrati solo sulla fase di avvio. Ma il vero salto di qualità richiede strumenti in grado di sostenere la crescita nel tempo. Le leggi 162/2024 e 193/2024, accompagnate da un decreto ministeriale del MIMIT e da un decreto interministeriale firmato con il MEF, hanno finalmente costruito una struttura normativa e fiscale più moderna e funzionale.

Nel 2025, i primi risultati si vedono: cresce il numero di startup iscritte al registro speciale, aumentano gli incubatori certificati e si moltiplicano le iniziative congiunte tra pubblico e privato.
Il cuore della riforma è duplice: da un lato, il riconoscimento formale degli **incubatori e acceleratori certificati**, dall’altro, l’introduzione di un **credito d’imposta** dedicato, pensato per rafforzare la loro operatività e stimolare nuovi investimenti.
Grazie alla riforma del 2024 incubatori e acceleratori diventano protagonisti riconosciuti dell’ecosistema dell’innovazione italiana
Fino al 2024, molte strutture che supportavano startup e PMI operavano in un limbo giuridico. Non esisteva un riconoscimento formale del loro ruolo e l’accesso a finanziamenti pubblici era spesso limitato o escluso. Con la nuova normativa, incubatori e acceleratori possono ottenere una certificazione ufficiale iscrivendosi a un registro pubblico gestito dal MIMIT, a condizione che soddisfino precisi requisiti strutturali e qualitativi.

La certificazione non è solo simbolica. A Bologna, ad esempio, un acceleratore ha ottenuto l’accesso a fondi europei dedicati alla transizione digitale grazie al nuovo status giuridico. Questo ha permesso l’avvio di un programma di supporto a startup femminili ad alto contenuto tecnologico, con ricadute positive anche sul tessuto occupazionale locale.
Le imprese innovative, da parte loro, beneficiano di un’offerta più qualificata e trasparente. Scegliere un acceleratore certificato significa accedere a servizi reali, rete di contatti, visibilità e percorsi di crescita professionale. Il sistema si rafforza e diventa più competitivo, anche agli occhi di investitori esteri che oggi trovano in Italia un contesto più chiaro e affidabile.
Il nuovo credito d’imposta introdotto nel 2024 rende l’investimento in innovazione più sostenibile e strategico per il lungo periodo
Una delle novità più concrete introdotte dalla riforma è il credito d’imposta per incubatori e acceleratori certificati, previsto dal decreto interministeriale MIMIT-MEF. Questo strumento permette di recuperare una parte delle spese sostenute per attività come formazione, mentorship, scouting, internazionalizzazione e sviluppo di infrastrutture. È un incentivo reale che migliora la sostenibilità economica delle attività di supporto all’innovazione.
A Milano, un incubatore ha potuto avviare un nuovo laboratorio per startup del settore biomedicale grazie alla possibilità di compensare parte dei costi. Il progetto, considerato troppo oneroso prima della riforma, è stato reso possibile proprio dalla previsione di questo beneficio fiscale. Il credito d’imposta, infatti, non solo alleggerisce il carico fiscale, ma facilita anche la pianificazione di iniziative di medio-lungo termine.
Il valore strategico di questa misura è duplice: favorisce la nascita di nuove strutture qualificate e rende più accessibile l’innovazione anche a territori meno centrali. Il risultato è un ecosistema più inclusivo e distribuito, in cui ogni attore, pubblico o privato, ha un ruolo definito e strumenti adeguati per agire. Nel 2025, tutto questo inizia a prendere forma. Resta solo da capire se il sistema saprà consolidare questi progressi e trasformarli in una nuova cultura dell’innovazione condivisa.