Ogni dicembre la stessa sensazione: la tredicesima arriva, ma sembra sempre meno generosa. Si attende con entusiasmo, eppure quando arriva il cedolino qualcosa non quadra. L’importo netto è inferiore rispetto a quanto ci si aspettava. Cosa succede davvero? Le tasse sembrano più alte, e non solo per chi lavora, ma anche per i pensionati. Un dettaglio nascosto nella normativa fiscale spiega tutto: è una questione di detrazioni, o meglio, di come vengono escluse proprio nella mensilità più attesa dell’anno.
Dicembre porta sempre una certa aspettativa. La tredicesima mensilità è vista come un premio, un extra che dovrebbe aiutare con le spese natalizie o alleggerire il peso dei rincari. E invece, anno dopo anno, cresce la sensazione che l’importo sia più basso del dovuto.

Si guarda il cedolino con delusione, soprattutto tra i pensionati, che notano come il rateo di dicembre venga tassato in modo più pesante rispetto a quello dei mesi precedenti. Il motivo non è un errore dell’INPS, né un aumento improvviso delle aliquote: la causa è scritta nelle regole fiscali che governano la tassazione della tredicesima.
La tredicesima pensione e l’assenza delle detrazioni IRPEF
Il punto cruciale è che la tredicesima pensione viene tassata senza l’applicazione delle detrazioni fiscali che invece riducono il carico IRPEF nelle altre mensilità. Questo vale per la generalità dei pensionati e si traduce, ogni dicembre, in un importo netto più basso.

Durante l’anno, l’IRPEF mensile viene calcolata tenendo conto delle detrazioni per redditi da pensione, che possono abbattere in modo significativo l’imposta dovuta. A dicembre, invece, queste detrazioni non si applicano. La tredicesima viene trattata come una mensilità a sé stante, e subisce la tassazione piena, come previsto dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi.
Facciamo un esempio concreto. Un pensionato con un reddito lordo annuo di 20.000 euro riceve circa 1.538 euro lordi al mese. Nei primi undici mesi, su questa somma si applicano le detrazioni, che alleggeriscono l’IRPEF. A dicembre, la tredicesima di pari importo non beneficia dello stesso meccanismo. Ecco perché l’IRPEF da pagare sarà maggiore, e l’importo netto, inevitabilmente più basso.
Aliquote IRPEF, soglie e impatto sul netto della tredicesima
A peggiorare la percezione di una tassazione più alta sulla tredicesima contribuisce anche la struttura degli scaglioni IRPEF. Dal 2024, confermata anche nel Ddl di Bilancio 2025, l’IRPEF è calcolata su tre aliquote: 23% fino a 28.000 euro, 35% tra 28.001 e 50.000 euro, 43% oltre 50.000 euro.
Ora, se durante l’anno il reddito complessivo si mantiene sotto i 28.000 euro, l’aliquota base resta al 23%. Ma con l’aggiunta della tredicesima, si può temporaneamente sforare questa soglia, facendo applicare l’aliquota del 35% sulla parte eccedente. In pratica, si entra in uno scaglione più alto per colpa di una mensilità extra, e il prelievo fiscale cresce.
Un caso reale aiuta a chiarire: un pensionato con 27.500 euro lordi annui riceve una tredicesima di 2.100 euro. Sommando, il reddito annuo supera i 28.000 euro. Il risultato è che una parte della tredicesima sarà tassata al 35%, aumentando il totale delle ritenute.
Non bisogna poi dimenticare le addizionali regionali e comunali, che si applicano anche sulla tredicesima. Anche queste contribuiscono a ridurre l’importo netto, soprattutto in regioni o comuni con aliquote più elevate.
Questo sistema di tassazione separata, senza detrazioni e con possibile slittamento di scaglione, rende evidente perché ogni anno l’impressione sia la stessa: la tredicesima pensione risulta meno conveniente, pur essendo uguale nel lordo. Una dinamica prevista dalla legge, ma che continua a sorprendere e a deludere chi, giustamente, si aspetta un dicembre più leggero.