Lasciare il lavoro con 35 anni di contributi e 60 anni d’età sembra un sogno lontano per molti, ma non è così impossibile come si crede. Anche se la legge prevede un percorso standard verso la pensione, esistono situazioni particolari che aprono porte inaspettate. Basta conoscere le condizioni giuste. Alcune strade richiedono requisiti severi, altre invece si basano su esperienze lavorative più dure o su difficoltà personali. E in alcuni casi, il tempo trascorso sul posto di lavoro può davvero bastare.
Guardare un cedolino INPS e rendersi conto di aver lavorato per 35 anni può generare un misto di orgoglio e frustrazione. Orgoglio per il traguardo, frustrazione se la pensione sembra ancora troppo lontana. Eppure, per chi ha compiuto 60 anni e ha una carriera lunga alle spalle, non tutto è perduto. Esistono soluzioni che permettono di anticipare l’uscita, anche se richiedono condizioni particolari. Non si parla solo di numeri, ma anche di situazioni personali, contesti lavorativi faticosi e percorsi familiari difficili.

In mezzo a sigle come Ape, quota 97, Opzione Donna, ci sono storie vere: persone che hanno lavorato tutta la vita e che, grazie a una norma o a una categoria riconosciuta, possono finalmente cambiare passo. Comprendere queste regole è fondamentale per non rinunciare a un diritto che potrebbe essere già lì, a portata di mano.
Quando 35 anni di contributi possono bastare per andare in pensione
Chi ha raggiunto i 35 anni di contributi può accedere alla pensione in anticipo solo in specifici casi. La pensione anticipata ordinaria richiede oltre 41 anni di contributi e quindi non è una strada percorribile per chi ha “solo” 35 anni, anche se questi sono tutti da lavoro effettivo. Tuttavia, per i lavoratori usuranti, si apre una possibilità concreta.
Chi ha svolto per almeno sette degli ultimi dieci anni mansioni particolarmente faticose, come turni notturni o lavori in catena di montaggio, può accedere al pensionamento con la quota 97,6, che richiede almeno 61 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contributi. Per esempio, un autista di autobus con 35 anni di contributi e 62 anni d’età, che ha lavorato in turni notturni per anni, potrebbe soddisfare i requisiti. L’accesso non è automatico: va presentata domanda all’INPS e occorre documentare la propria carriera nei tempi stabiliti.
Ape Sociale e Opzione Donna: vie alternative per smettere prima
Un’altra strada percorribile è l’Ape Sociale, rivolta a chi si trova in situazioni di svantaggio. Per accedervi servono almeno 63 anni e 5 mesi e 35 anni di contributi, ma anche uno dei seguenti requisiti: essere disoccupati senza Naspi, invalidi civili almeno al 74%, caregiver familiari o lavoratori impiegati in mansioni gravose. L’Ape Sociale è un’indennità ponte, erogata fino al raggiungimento dell’età pensionabile ordinaria, con un importo massimo di 1.500 euro lordi mensili. Non è reversibile, non è rivalutabile e non prevede tredicesima.
Le lavoratrici che hanno almeno 35 anni di contributi al 31 dicembre 2024 possono valutare l’accesso a Opzione Donna. Questa misura consente il pensionamento a partire da 59 anni, a seconda del numero di figli e della situazione familiare. Tuttavia, comporta il ricalcolo dell’assegno con il sistema contributivo, con una riduzione importante dell’importo mensile.
Per esempio, una donna di 60 anni con un figlio e 36 anni di contributi, licenziata da un’azienda in crisi, potrebbe accedere a Opzione Donna, rinunciando però a una quota significativa del proprio assegno mensile. La scelta, in questi casi, è spesso tra lavorare ancora o accettare una pensione più bassa per avere tempo libero prima.