Pensione di reversibilità, attenzione: in questi casi l’assegno si riduce della metà

Un assegno che sembrava sicuro può improvvisamente diventare molto più leggero. In certe situazioni, la pensione di reversibilità può essere tagliata drasticamente, anche fino alla metà. E non si tratta solo di regole scritte in piccolo: basta un reddito “di troppo”, anche se modesto, per attivare le forbici dell’INPS. Chi si aspetta un sostegno costante potrebbe ritrovarsi a fare i conti con cifre inaspettatamente più basse, con conseguenze concrete nella vita quotidiana. Il problema è che molti non lo sanno finché non è troppo tardi. E in alcuni casi, anche un’attività lavorativa marginale può fare la differenza.

Una signora di 67 anni, vedova da pochi mesi, si era affidata alla pensione di reversibilità del marito per coprire le spese quotidiane. Pensava che le bastasse quella somma per tirare avanti. Ma dopo aver presentato la dichiarazione dei redditi, l’amara sorpresa: l’assegno si era ridotto. Nessun errore, nessuna svista. Era semplicemente finita sopra la soglia reddituale stabilita dall’INPS. Nessuno le aveva spiegato che anche piccoli redditi da locazione o un part-time saltuario potevano incidere. E così si è trovata a dover riorganizzare tutto, con meno soldi e più spese da gestire.

persona preoccupata
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Questa situazione non è affatto rara. L’INPS applica regole precise, previste dalla normativa vigente, che possono incidere in modo importante sul tenore di vita di chi ha perso il coniuge. Ma non sempre la riduzione è automatica: esistono anche casi particolari in cui il taglio non si applica, e vale la pena conoscerli.

Quando il reddito fa scattare la riduzione

La pensione ai superstiti, chiamata anche pensione di reversibilità, è una prestazione che spetta al coniuge superstite in caso di decesso del pensionato. La quota di base è pari al 60% della pensione che percepiva il defunto, ma questa percentuale si riduce se il beneficiario ha un reddito superiore a certe soglie.

Nel 2024, la soglia per non subire alcun taglio è di 23.245,79 euro annui. Oltre questo limite, si applicano le seguenti riduzioni: 25% se il reddito è tra 23.245,79 e 31.127,72 euro, 40% tra 31.127,72 e 38.909,65 euro, e 50% sopra i 38.909,65 euro.

Si considerano tutti i redditi assoggettabili all’IRPEF, al netto dei contributi previdenziali e assistenziali. Restano esclusi il reddito della prima casa, il trattamento di fine rapporto e le somme tassate separatamente. L’importo della pensione di reversibilità non rientra nel calcolo.

In pratica, anche un affitto o un impiego occasionale può far scattare il taglio. Non sempre si tratta di cifre elevate, ma l’effetto può essere pesante per chi vive con poco.

Le eccezioni che salvano l’assegno

In alcune situazioni, però, la pensione di reversibilità non viene ridotta, anche se il reddito supera i limiti. È il caso della presenza di figli minori, studenti fino a 21 anni (o 26 se universitari), o figli inabili. In questi casi, l’INPS garantisce l’intero assegno, senza applicare decurtazioni.

Figure pensionati fra le mani
Le eccezioni che salvano l’assegno-mondoefinanza.it

Un passaggio importante è arrivato anche dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n. 162 del 2022. Secondo i giudici, se la riduzione mette il superstite in una condizione economica peggiore rispetto a prima del decesso del coniuge, non è legittima. Questo principio ha cambiato le cose, permettendo in alcuni casi di mantenere l’importo intero, anche oltre le soglie di reddito.

Attenzione però: l’applicazione non è automatica. Serve spesso una richiesta specifica e, in alcuni casi, l’assistenza di un patronato o di un legale. Inoltre, è importante aggiornare l’INPS su ogni variazione reddituale. Omessa comunicazione può portare a controlli retroattivi e richieste di restituzione delle somme indebitamente percepite.

Conoscere questi meccanismi è fondamentale per non trovarsi spiazzati. Anche un piccolo dettaglio può fare una grande differenza. Vale la pena chiedersi se davvero tutto ciò che sembra “in più” convenga davvero.

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