Cosa succede quando una percentuale su un certificato cambia il corso di una vita intera? E se a farlo fossero proprio quei numeri che sembrano solo statistiche? In Italia, un’invalidità civile del 74% o dell’80% può aprire scenari molto diversi da quelli comuni, soprattutto quando si parla di pensione anticipata. Non si tratta solo di leggere una legge o interpretare una circolare: dietro ogni numero, ci sono storie vere, fatte di giorni difficili e di attese infinite. Ma il 2025 potrebbe rappresentare un punto di svolta, in modo molto concreto, per chi rientra in certe condizioni.
C’è un momento in cui le tabelle, i decreti e le percentuali smettono di essere numeri freddi e diventano un passaggio chiave nella vita delle persone. Accade, ad esempio, quando si ha una invalidità riconosciuta e si guarda al futuro, cercando una via d’uscita dal lavoro troppo presto diventato insostenibile. È lì che il sistema previdenziale italiano prova a offrire un’alternativa, anche se non sempre chiara né immediata.

Il percorso non è semplice. Ci sono requisiti precisi, differenze tra lavoratori pubblici e privati, e anni di contributi da verificare. L’INPS ha stabilito diverse misure per chi vive con una riduzione permanente della capacità lavorativa, soprattutto se supera determinate soglie. Chi ha un’invalidità del 74% o dell’80% può accedere a possibilità concrete per anticipare l’uscita dal lavoro, ma ogni strada ha condizioni ben specifiche.
Pensione anticipata per invalidi all’80%: i requisiti da conoscere
Tra le vie percorribili nel 2025, una delle più significative è quella che riguarda i lavoratori con invalidità civile pari o superiore all’80%. In questo caso, chi ha svolto attività come lavoratore dipendente del settore privato e risulta iscritto all’AGO (Assicurazione Generale Obbligatoria) può andare in pensione prima rispetto alla norma.

Le soglie anagrafiche sono chiare: 56 anni per le donne e 61 per gli uomini. Per poter accedere alla prestazione è però necessario avere almeno 20 anni di contributi. C’è anche una finestra mobile di 12 mesi, che ritarda l’erogazione della pensione di un anno rispetto al momento in cui si maturano i requisiti.
Questa misura è riservata ai soli dipendenti del settore privato. I lavoratori autonomi o i dipendenti pubblici, pur avendo lo stesso grado di invalidità, non possono beneficiarne. Ma per chi rientra in questi parametri, si tratta di una concreta opportunità per lasciare il lavoro diversi anni prima dell’età pensionabile ordinaria, oggi fissata a 67 anni.
Un esempio pratico è quello di un impiegato con 25 anni di contributi e una invalidità riconosciuta dell’85%: nel 2025 potrà accedere alla pensione a 61 anni, evitando ulteriori sei anni di lavoro.
APE Sociale e invalidità al 74%: un supporto per arrivare alla pensione
Per chi ha una invalidità civile pari almeno al 74%, il 2025 conferma la possibilità di usufruire dell’APE Sociale. Non si tratta di una pensione vera e propria, ma di un assegno erogato fino al compimento dei 67 anni, che accompagna chi ha difficoltà a proseguire l’attività lavorativa.
L’accesso è previsto a partire da 63 anni e 5 mesi, con una soglia contributiva di almeno 30 anni. Per le donne con figli è prevista una riduzione: un anno in meno per figlio, fino a un massimo di due. Ciò significa che una madre con due figli e almeno trent’anni di contributi può richiedere l’APE già a 61 anni e 5 mesi.
L’importo non subisce penalizzazioni come avviene in altre forme di pensione anticipata, ed è compatibile con lavori saltuari entro certi limiti di reddito. Serve però una documentazione accurata e una valutazione da parte dell’INPS, che verifica sia la percentuale d’invalidità sia i requisiti assicurativi.
Anche se non è una pensione definitiva, l’APE rappresenta un sostegno concreto, soprattutto per chi si trova in condizioni fisiche o economiche difficili. In molti casi, è un ponte fondamentale per passare gli ultimi anni prima della pensione ordinaria in modo più dignitoso.